TERRITORI OCCUPATI. Un mese di sciopero, strade bloccate per protesta.

Inviato da redazione il Gio, 18/05/2017 - 16:05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma, 17 maggio 2017, Nena News 

Nella notte gruppi di palestinesi hanno chiuso le vie di comunicazione a Nablus, Tulkarem e Ramallah in solidarietà con i prigionieri. Barghouti rifiuta anche l’acqua.

Continuano le proteste nelle strade della Cisgiordania in sostegno allo sciopero della fame portato avanti da 1.800 prigionieri politici nelle carceri israeliane.

Nella notte manifestanti palestinesi hanno chiuso una delle principali strade nel nord della Cisgiordania, nei pressi di Tulkarem: hanno dato alle fiamme dei copertoni bloccando la strada che da Nablus conduce al campo profughi di Nur Shams, a est di Tulkarem. In città è stata eretta una tenda di solidarietà, iniziativa presa in molte comunità palestinesi come forma di solidarietà con la protesta dentro le carceri.

La strada è stata riaperta solo al passaggio dell’auto che trasportava Taha al-Irani, uno dei leader del campo profughi, rilasciato ieri dopo cinque giorni di detenzione. In mattinata altre strade sono state chiuse da manifestanti tra Birzeit e Ramallah e sono state riaperte solo dopo l’intervento della polizia palestinese che si è scontrata con i giovani in protesta.

Più drammatico l’episodio che si è verificato a est di Ramallah, a Silwad, questa mattina: dei giovani palestinesi hanno chiuso la strada e – secondo l’esercito israeliano – hanno lanciato pietre ai veicoli dei coloni in transito. Un colono è sceso dalla sua auto e ha aperto il fuoco, ferendo il 19 enne Ibrahim Rasem Hamed. Il ragazzo è stato arrestato dall’esercito e condotto in un ospedale israeliano.

I prigionieri sono a digiuno dal 17 aprile, un mese esatto: chiedono il miglioramento delle proprie condizioni di vita secondo quanto previsto dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra (la fine dell’isolamento, visite regolari di familiari e avvocati, assistenza medica, possibilità di accedere a libri e televisione) e la fine dell’utilizzo strutturale della detenzione amministrativa, forma di custodia cautelare illegale che Israele utilizza per detenere “sospetti” senza formulare accuse né arrivare a processo.

Ieri, nel 30esimo giorno di sciopero, il Comitato Palestinese per gli affari dei prigionieri ha annunciato che Marwan Barghouti, leader di Fatah e dello sciopero in corso, ha deciso di non bere più acqua in risposta al silenzio israeliano in merito alle legittime richieste dei prigionieri.

Finora i detenuti a digiuno hanno assunto solo acqua e sale per sostenersi, non abbastanza tanto che le condizioni di molti di loro stanno seriamente deteriorando. La decisione di Barghouti di non bere più acqua è considerata estremamente pericolosa per la sua salute, ma viene definita dal Comitato “un punto di svolta nello sciopero della fame di massa”. Lo stesso Comitato si è rivolto al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale dell’Onu perché intervenga sulla questione e faccia pressioni su Israele e la politica dell’infliggere “una morte lenta” ai detenuti palestinesi.

Lunedì sembrava essersi aperto uno spiraglio: secondo fonti dello Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani, si stava tentando di raggiungere un accordo. Ma il ministro della Sicurezza Pubblica Erdan ha fatto sapere che un negoziato si sarebbe aperto solo a sciopero concluso. Per ora nulla di fatto mentre proseguono le punizioni contro i prigionieri in sciopero: visite negate, isolamento e aumento dei trasferimenti da un carcere all’altro.

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