Che il nostro odio per il fascismo e il razzismo non offuschi la nostra prospettiva di classe.

Inviato da redazione il Mar, 10/09/2019 - 15:06
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Cerchiamo di essere oggettivi: è una bella sensazione vedere la faccia distorta e invelenita, gli occhi persi dell'arrogante bullo razzista sputare livore e rabbia dopo l'estromissione dal governo per l'abnorme autocazzata compiuta per soddisfare da una parte l'ego smisurato da ducetto in fieri e dall'altra per aumentare la subordinazione dell'alleato 5 stelle.
E' oggettivamente una soddisfazione vedere le facce di questi bastardi e sapere che, per la loro arroganza, si è forse rimandato il compimento del processo di trasformazione in senso autoritario, xenofobo e culturalmente fascista della società italiana da un punto di vista istituzionale ma soprattutto nei termini della coscienza diffusa purtroppo invece sedimentando ideologicamente e culturalmente un comportamento, una sorta di essere sociale di estrema destra con il quale dovremo fare sempre di più.
La Lega, pressoché inarrestabile nei sondaggi, che ha fomentato e raccolto le peggiori pulsioni razziste anche di ampi settori di proletariato è ora fuori dal governo. Un proletariato lasciato in balia di una crisi economica devastante e alle contraddizioni della globalizzazione capitalista con il suo carico di precarietà e insicurezza sociale.
Nulla deve essere mai dato per scontato. Non ci può lasciare indifferenti ciò che è accaduto: vengono infatti modificati oggettivamente una serie di fattori sul piano sovrastrutturale, tra cui il velo nero che stava progressivamente ricoprendo l'Italia e che si è in parte sbrindellato.
Ciò non è certamente un dato negativo. Diverso però è esserne abbagliati e smarrire il senso della realtà e della prospettiva e potremmo qui ricorrere alla solita metafora della miopia di chi guarda il dito che indica la luna e non la luna stessa.
Per essere maggiormente espliciti: le contraddizioni materiali create dai rapporti di produzione capitalisti e i conseguenti rapporti sociali da questi creati ci sono ancora tutte.
Contraddizioni queste che, in assenza di una chiara e diffusa identità e prospettiva di classe, diventano un'arma, pur se contraddittoria, tradizionalmente agitata dalla destra e negli ultimi anni più in specifico dalla destra "populista", nazionalista e protezionista. E così la precarietà, i salari bassi, lo svuotamento progressivo dell'ormai scarno stato sociale, sempre meno accessibile per le classi meno abbienti, diventano motivo di propaganda per alimentare la guerra tra poveri e l'attacco costante a immigrati e profughi.
Una cultura della sopravvivenza individuale che ha rotto legami sociali e nel contempo ci ha resi sempre più deboli nei confronti di un dominio di classe supportato da tutti i governi (centro destra e centro sinistra - Renzi in testa) che hanno preceduto l'ultimo 5stelle/pd.
In secondo luogo, senza scomodare confronti storici non propriamente calzanti con la Repubblica di Weimar del primo dopoguerra in Germania, questo governo rischia concretamente di costruire i presupposti di un prossimo esecutivo di superamento della stessa democrazia parlamentare borghese, anche considerando un globale processo altalenante di stagnazione/recessione/crisi economica non arginabile.
In terzo luogo ogni evoluzione o modificazione della rappresentanza parlamentare va sempre vista con gli occhi di chi è storicamente consapevole che l'affermazione di una società basata su una strutturale giustizia sociale non possa oggettivamente avvenire solo con un miglioramento progressivo dei rapporti di forza. Solo uno strappo rivoluzionario che costruisca i presupposti di una trasformazione radicale di una società senza più classi né sfruttamento capitalista può invece determinarlo. Senza quindi alcuna illusione che questo nuovo e sicuramente inedito governo ("il secondo del cambiamento"...) sia un "fronte popolare" o un governo in cui la classe con il suo peso nella società e nelle lotte abbia imposto anche in sede parlamentare l'esigenza di una trasformazione strutturale, armando la classe nella prospettiva di uno scontro a tutto campo con il nemico di classe. Ma niente di tutto questo è in vista.
Non vorremmo quindi banalizzare o ridicolizzare questo concetto marxiano, non vorremmo che queste semplici spunti di riflessione sembrassero improntati a un ideologismo e un determinismo da cui ci siamo tenuti sempre tenuti ben lontani.
Vogliamo solo ricordare che la lotta di classe ha una lunga storia e che siamo appena usciti da un secolo in cui le prospettive rivoluzionarie hanno cambiato il mondo e scriviamo queste righe perché abbiamo visto esplodere incontenibile la voglia della sinistra istituzionale (a sinistra del PD) di saltar dentro in questo governo "senza se e senza ma" pur di sopravvivere alla mancanza di identità e al vuoto di contenuti.
Non è ancora chiaro che fine facciano i decreti sicurezza cosi dichiaratamente anti proletari e liberticidi e di come procede il percorso di una nuova legge sulla rappresentanza che blinderebbe i confederali nel loro ruolo di gestione "ordinaria" e concertata dello sfruttamento di classe. Possiamo immaginare che questo governo, se prestiamo credito alle roboanti dichiarazioni di chi l'anno scorso "aveva abolito la povertà", possa realisticamente procedere al congelamento dell'aumento dell'Iva, a un piccolo intervento sul cuneo fiscale (pagato con la la fiscalità generale) per redistribuire una parte minima di reddito e intervenire sulle parti maggiormente evidenti di diseguaglianza sociale e di razzismo. Ciò con il soccorso di un' Europa ben disposta pur di tener fuori la bestia nazionalista e protezionista, prima probabilmente di avvitarsi in uno scontro tra le componenti interne che ne decreti la fine anticipata e che possa riconsegnare l'Italia a una destra che si sarà nel tempo modificata e riequilibrata secondo modalità che non possiamo ancora leggere.
Un governo pienamente "liberal democratico" che rappresenterà quindi più organicamente e pienamente gli interessi del capitale di quanto abbia fatto la destra protezionista più becera e che continuerà a galleggiare nel mare della crisi affidandosi per la creazione di un consenso interclassista, sopratutto per i 5stelle, maggiormente alla comunicazione propagandistica che e a interventi reali.
Quello che evidentemente manca in questo quadro e che invece rimane come obiettivo primario e collettivo è il peso e l'organizzazione della classe e del lavoro in senso più esteso, da contrapporre alle strategie del capitale, senza il quale si può cadere preda di illusioni e confidando in alchimie tutte interne al fronte avverso.
Confermiamo l'importanza dell'assemblea del 29 settembre a Napoli e del corteo a Roma sabato 26 ottobre come importante momento di confronto e indicazione che l'unica vera opposizione è quella di classe e l'unico vero cambiamento potrà accadere quando un immaginario di giustizia sociale, di abolizione della precarietà, dello sfruttamento di classe della discriminazione su base sessuale o etnica si affermerà come maggioritario tra i proletari e le classi subalterne diventando capace di dare un "calcio in culo" non solo al ducetto di turno ma all'intero sistema economico capitalista.