Contributo del Centro Sociale Vittoria di Milano al dibattito del 18 luglio organizzato dai compagni e dalle compagne del Laboratorio Politico Iskra

Inviato da redazione il Ven, 17/07/2015 - 08:40
Csa Vittoria

Come compagni e compagne del C.S.A. Vittoria di Milano ringraziamo per l'invito al convegno odierno i compagni e le compagne del Laboratorio Politico Iskra scusandoci al contempo per l'impossibilità materiale a essere fisicamente presenti all'importante dibattito organizzato a Bagnoli. 
Vorremmo comunque esprimere alcune considerazioni scritte, necessariamente sintetiche per non appesantire la gestione dell'incontro, sulle ambiziose tematiche oggetto dello stesso e sulla prospettiva complessiva sottesa.  
Questo è quindi un nostro contributo per rafforzare i rapporti tra strutture e realtà nazionali con l'obiettivo unificante di costruzione sempre più organica, nel rispetto delle reciproche identità, di quel movimento politico-sindacale che ha preso le mosse dal settore della logistica e dal ciclo di lotte in esso espresse in questi anni e da tutte quelle esplosioni di conflitto, anche sociale, che sono comunque riuscite a segnare una contro-tendenza con l'asfittica situazione in cui versa il proletariato italiano. 
Non possiamo che scusarci per la comprensibile e oggettiva difficoltà di contenere in pochi periodi una posizione su temi così generali e complessi. E' molto difficile stendere un contributo che non risulti noioso o prolisso e quindi cercheremo di toccare solo i punti che riteniamo vadano sottolineati per esprimere un ragionamento che, non limitato al contesto delle lotte nella logistica, parta da brevi premesse sullo stato attuale della crisi per delineare poi quelli che sono a nostro giudizio i compiti che ci attendono. 

E' evidente che la crisi strutturale in cui versa il capitalismo sia ben lontana dal concludersi. Gli strumenti messi in atto in questi anni dal padronato nazionale per cercare di reggere la concorrenza globale e mitigare gli effetti devastanti su accumulazione e profitti si sono tradotti in misure che comportano un progressivo impoverimento delle classi subalterne, una disoccupazione massiva (soprattutto giovanile) che tracima dai confini dell'esercito di riserva per costituire una sacca di esclusione pressoché definitiva dai processi produttivi.
Una complessiva guerra al lavoro, gestita sia autonomamente dal governo Renzi che in adempimento alle riforme strutturali imposte dalle istanze economico-finanziarie comunitarie, finalizzata alla demolizione sistematica delle garanzie e tutele residue per riaffermare il comando padronale soggiogando il lavoratore al ruolo di semplice variabile dipendente del profitto. 
E quindi, con la complicità e il servilismo agli interessi padronali del sindacalismo confederale, l'orario di lavoro è stato completamente deregolamentato, il lavoro straordinario è imposto quale regola e lo sfruttamento in termini di intensità è massimo. Anche gli investimenti sul capitale costante con l'introduzione di automazione e tecnologie più avanzate (composizione organica del capitale impiegato) sono il grimaldello per agire sui livelli occupazionali e strumento per eliminare lavoratori combattivi (la storia della recente lotta in SDA è esemplare).  
L'occasione di recuperare quanto sottratto con le conquiste ottenute con le lotte operaie dei decenni passati è stata così colta, il colpo è stato affondato utilizzando strumentalmente la crisi per scatenare un'azione fortemente classista.
La ristrutturazione del mercato del lavoro, la contrazione dei salari, la liberalizzazione dei licenziamenti e contratti precari segnano un arretramento evidente in un contesto di parcellizzazione dei rapporti e di solitudine nella quale i lavoratori, senza più garanzie collettive, hanno sempre più difficoltà a percepirsi quale classe. E tra i quali trovano presa le becere retoriche reazionarie e xenofobe veicolate da Salvini e dai fascisti allo scopo di dividere i proletari e speculare su quanti fuggono da paesi saccheggiati e distrutti dalle guerre imperialiste.        
I feroci tagli alla spesa sociale, la “Buona Scuola” (in pratica, l'immiserimento materiale e culturale della scuola pubblica, omologata e ridotta a preparazione per l'ingresso nel lavoro precario e sottopagato), il decreto “sblocca Italia” (un incentivo alla devastazione del territorio e alla speculazione immobiliare), la dismissione del patrimonio residenziale pubblico e la cancellazione del diritto alla casa, completano il mosaico di questa offensiva complessiva.
E’ un’idea generale di società modificata dai colpi sferrati da un governo che ha quale fine esplicito il ridefinire completamente gli assetti e le relazioni sociali, in un contesto di consolidamento di un modello di democrazia sempre più autoritaria che si blinda per ottemperare ai diktat condivisi di un'oligarchia tecnocratica e finanziaria sovranazionale che impongono misure di austerità e di riduzione della spesa pubblica. Un progetto, quello interpretato dal governo Renzi, che sulla spinta di un cosiddetto ammodernamento statuale sta infatti modellando una società sempre più precaria e individualizzata e comunque funzionale alla sopravvivenza del modo di produzione capitalista.

Date queste premesse sullo stato attuale della crisi, crediamo che sia ora e tempo di costruire un'opposizione reale alle politiche governative e ai piani europei che riporti al centro gli interessi della classe lavoratrice e che sviluppi un percorso virtuoso che sappia mettere in relazione tutti quei settori oggi in lotta in un'ottica di ricomposizione sociale. 
A tal fine, in questi ultimi giorni, insieme ad altre realtà politiche e sindacali, abbiamo contribuito al lancio di un appello nazionale di solidarietà ai licenziati politici del reparto confino della FCA-FIAT di Nola e di rilancio di un'opposizione di classe e sociale che si ponga l'obiettivo della costruzione di un blocco sociale anticapitalista. 

Un appello che, da un lato, pone l'attenzione sulla necessità in questa fase di uno sforzo collettivo per una rinnovata focalizzazione sulla centralità della contraddizione primaria capitale/lavoro.
Affinché infatti la ricerca della generalizzazione del conflitto e della ricomposizione di classe siano concretamente posti - e non rimangano quindi semplici slogan con cui riempire volantini – diviene essenziale che si torni a centrare la propria azione politica anche sul conflitto capitale/lavoro e, soprattutto, che la pratica di questa sia rivolta alla ricerca costante di una sempre maggiore internità nella (e relazione dialettica con la) classe complessivamente intesa. 
Ciò per permettere un'indispensabile elaborazione anche teorica di un punto di vista di classe che sappia interpretare, senza appunto prescindere dalla presenza reale e continuativa nel conflitto e nelle lotte, la realtà oggettiva dello sviluppo dei rapporti di classe, la composizione della stessa e i mille rivoli lungo la quale si è scomposta la produzione nel nuovo ruolo assegnato all'Italia nella divisione internazionale del lavoro (ove il settore della logistica riveste all'oggi un ruolo strategico). 
Una centralità che, correttamente calibrata nel conflitto, permetta così di evitare l'inseguimento dello scadenzismo, troppo spesso impostoci dal nemico di classe, come del resto il rischio di cadere in un radicalismo di  forme senza una reale prospettiva più complessivamente anticapitalista, una modalità di conflitto (o di scontro “tra bande": noi contro lo Stato o la polizia) centrata su forme aggregative "a prescindere" in maniera quasi contigua a ciò che ha rappresentato il movimento dei forconi, l'interclassismo del Movimento 5 stelle o da un altro punto di vista le cicliche esplosioni di rabbia dei ghetti nord americani.    
Come, d'altra parte, un corretto punto di vista di classe sulla crisi è l'unico modo per non rincorrere genericamente parole d'ordine interclassiste ed evitare ogni tentazione social-riformista che spera ancora su una possibile emendabilità del capitalismo a partire da una partecipazione nelle istituzioni borghesi, rompendo così con le illusioni riformiste e la compatibilità sistemica. La triste parabola di Tzipras del post referendum, con l'accettazione di un piano che concluderà di strangolare il popolo greco, ne è l'esempio più lampante. 
Come infine non può che essere l'unico antidoto alle sirene della Landiniana coalizione sociale che si determina a prescindere dal conflitto e che non si pone nell'ottica di praticarlo, ma ripete la riproduzione di un ceto politico velleitario e tutto interno a esperienze istituzionali e paraistituzionali.
Deve essere insomma fatto un deciso salto di qualità politica per un percorso lungo, con numerosi passaggi da affrontare, in un contesto nel quale le contraddizioni sono fortissime e che devono essere affrontate attraverso un collegamento più organico tra esperienze concrete di lotta facendo emergere un forte punto di vista di classe. 

E' infatti un appello che si pone soprattutto questo obiettivo fondamentale: il far emergere con forza un punto di vista di classe sulla crisi che, a partire dal tentativo di modificare i rapporti dati sul terreno del conflitto di classe, possa essere anche indicazione di metodo e prospettiva reale e praticabile sugli altri terreno di scontro che si sono sviluppati. Pensiamo alle diffuse lotte per la casa e per la riappropriazione di quote di salario indiretto estorto (sanità, welfare, ecc.), a quelle del mondo della formazione e alle mobilitazioni contro speculazioni e devastazioni ambientali.
Un punto di vista di classe che riesca a coniugare e rilanciare in chiave anticapitalistica il rapporto tra uomo e natura, che interpreti l'antirazzismo come strumento di lotta di classe emarginando posizioni assistenzialistiche e si ponga su un terreno che non sia caratterizzato da pietismo para-cristiano, che valorizzi l'antisessimo, troppo spesso accantonato anche nei nostri ambiti e ritenuto una questione superficiale o secondaria, e la lotta per l'autodeterminazione delle donne.  
Un punto di vista di classe per poter calibrare, al di là delle necessarie tattiche contingenti, l’obiettivo di una battaglia radicale contro il sistema economico capitalista avviando un processo di aggregazione di forze (reali e di soggettività politiche e sindacali) tale da modificare, con maggiore peso e determinazione, i rapporti di forza attuali all’interno di una strategia più complessiva di trasformazione dell'esistente.
L'obiettivo è uscire dalla marginalità, dalla superficialità dell'autodifesa contro le quotidiane ingiustizie di classe (qualsiasi forma essa possa assumere), dall'economicismo della vertenzialità aziendalistica per il pur fondamentale euro in più di salario, dal corporativismo di molte lotte e contribuire alla ricostruzione di un immaginario di liberazione dal lavoro salariato e di distruzione del dominio di classe, senza il quale ogni lotta anche la più radicale o avanzata sarà destinata a riallinearsi o a essere riassorbita dalla controffensiva padronale.
Ma purtroppo scontiamo spesso un meccanicistico approccio di analisi alla fase per cui l'oggettività di questa profonda crisi del modo di produzione capitalistico sia di per sé sufficiente a sopperire alla totale assenza di una soggettività plurale e collettiva nella fideistica attesa che le contraddizioni che il capitalismo stesso crea siano sufficienti per il tanto invocato crollo.
Una soggettività che, nel rispetto delle diverse identità e specificità ma abbattendone però gli identitarismi, sappia interpretare i bisogni della classe per sé e progettare l'idea di una società non più basata sullo sfruttamento di classe.
Ma non esistono scorciatoie e quindi questo non vuol dire proporre tout court il partito rivoluzionario con la R maiuscola, come totem o panacea per tutti i problemi (come se il problema fosse organizzativistico) ma ripetiamo creare e mettere in rete ora e subito una soggettività plurale e collettiva che con relazioni stabili a livello nazionale sappia raccogliere le aspirazioni, la rabbia, i bisogni del proletariato tramutandole in forza reale di trasformazione dell'esistente in senso coscientemente anticapitalista e rivoluzionario.

Queste le coordinate lungo le quali crediamo debbano muoversi le realtà antagoniste coerentemente anticapitaliste per la necessaria costruzione di un blocco sociale protagonista per la ripresa di un conflitto di classe che non sia oggetto solo di analisi ma praticato, internamente alla classe e alle concrete lotte che sviluppa, nella materialità delle contraddizioni che il capitalismo esprime con l'obiettivo di una trasformazione rivoluzionaria per una società senza più classi né padroni.

 

I compagni e le compagne del C.S.A. Vittoria di Milano


Milano 17.07.2015