Solidarietà a chi lotta. Contro la repressione lotta di classe

Inviato da redazione il Lun, 11/01/2016 - 13:23

Questo non è e non vuole essere un appello contro la repressione con ragionamenti e toni legittimamente tattici mirati all' ottenimento di consenso o a sollecitare una qual-siasi forma di solidarietà.
Sono sintetiche riflessioni sulla repressione che vengono sollecitate dall'attacco frontale contro i movimenti fiorentini con un maxiprocesso con 86 denunciati con l'utilizzo di reati associativi, che andrà a sentenza a febbraio e dagli ultimi gravissimi attacchi con-tro i lavoratori della logistica Penny Market di Desenzano del Garda e della Bormioli di Fidenza.
Sono quasi didascaliche riflessioni per ricentrare la bussola del nostro agire politico e per far emergere un punto di vista di classe anche sulla repressione che mettiamo a disposizione degli altri compagni e compagne come contributo per un possibile confron-to.

   La solidarietà è un'arma. La lotta di classe è l'unica via.

Come tutti noi abbiamo già avuto modo di dire più volte, la repressione è un' ovvia co-stante del sistema capitalistico.
Il modo di produzione capitalistico sopravvive anche grazie a politiche repressive con molte sfaccettature. La repressione non è infatti la sola risposta militare ad un protago-nismo conflittuale dei movimenti di classe e sociali. La repressione è un insieme di di-spositivi giudiziari, carcerari, polizieschi, politici, culturali, mediatici e persino economi-ci per criminalizzare, isolare, colpire e diffondere paura, mirati per specifici soggetti col-lettivi come anche, a volte, spalmati su movimenti più estesi.
Vogliamo con questo sottolineare la complessità di uno scontro a partire da interessi di classe incompatibili e da un sistema  globale di relazione sociali basati sullo sfruttamen-to e quindi la sterilità e improduttività di uno scontro con un approc-cio invece identitario, quasi di una guerra tra bande tra noi e lo stato, tra noi e il poli-ziotto o noi e le rinate bande neofasciste e xenofobe talvolta utilizzate come provocazio-ne.
La repressione infatti non può essere rappresentata solo dal becero e brutale carabiniere o poliziotto spacca ossa, ma è da comprendere e combattere come un sistema complesso di prevenzione e protezione di un sistema economico che, creando contraddizioni strut-turali, si "arma" per difendersi e gestire possibili risposte alle sue politiche antiproleta-rie.
Repressione è il pacchetto di leggi che comprime gli stessi diritti borghesi, repressione è la criminalizzazione e l'isolamento di comportamenti, non "allineati", repressione sono le campagne mediatica per isolare movimenti di resistenza popolare (Notav insegna), re-pressione è il continuo ricorso a provvedimenti amministrativi come contorno di attac-chi giudiziari per ridurre al silenzio il soggetto colpito, repressione è spingere alla deso-lidarizzazione e a processi dissociativi, repressione è farsi chiudere nell' - angolo della lotta alla repressione -  e farsi marginalizzare in un ghetto ideologizzato senza prospetti-ve.
Una parte infatti sostanziale dell'aspetto preventivo della repressione sono anche  i provvedimenti economici tesi ad individualizzare e rendere ricattabile sul mercato del la-voro ogni soggetto potenzialmente conflittuale.
La repressione non è però un fattore immutabile nel tempo, ma uno strumento utilizza-to con attenzione e in maniera diversificata  dal nemico di classe in rapporto ai rapporti di forza e alle fasi economiche.
Dopo anni di cooptazione concertazione e compromesso sociale "comprato" con una mi-nima redistribuzione di reddito, resa possibile in un sistema economico ancora in espansione anche con il supporto dei sindacati concertativi, si è arrivati ad una crisi strutturale e non più congiunturale del sistema economico capitalista che ha richiesto e richiede ancora una progressiva trasformazione del sistema di comando capitalistico e degli stessi sistemi di governo.
Questo progressivo mutamento delle forme di controllo e gestione delle relazioni sociali da formale democrazia borghese in un sistema di "democrazia autoritaria"  con marcati accenni di populismo, è oggi necessario al modo di produzione capitalistico per gestire la propria sopravvivenza nello scaricare i costi della crisi su milioni di proletarie e prole-tari e cosi tentare di ricostruire i  margini di profitto erosi dalla sua caduta tendenziale. 
Questo implica il delegare a nuove modalità di controllo e repressione sociale il confron-tarsi/scontrarsi con la classe o con soggetti sociali in possibile conflitto e questo oggi vuol dire un possibile incrudimento dei processi repressivi sgombrando però il campo da interpretazioni errate teoricamente e storicamente che considerano fascista non tanto alcuni comportamenti particolarmente crudi dal punto di vista repressivo, ma il com-plesso del sistema di governo attuale.

In una sintesi fotografica della situazione possiamo tranquillamente affermare che la crisi del sistema economico capitalista ha ristretto, se non chiuso, gli spazi di contratta-zione economica e conseguentemente anche i margini di compatibilità politica e ha la necessità di colpire frontalmente e perseguire in maniera preventiva o diretta ogni forma di conflitto o anche semplice dissenso che si ponga soggettivamente o oggettivamente su un terreno di incompatibilità politica o economica.
(Su questo terreno la cosidetta “lotta al terrorismo islamista” e i nuovi prossimi scenari di guerra stanno aprendo nuove possibilità di intervenire drasticamente sul superamen-to della stessa democrazie e legalità borghese)

Con questa chiave interpretativa leggiamo la silenziosa guerra a bassa intensità contro le lotte dei lavoratori della logistica che sta provando con determinazione a scardinare interessi consolidati, trust e cordate politico economiche composte da entrambi gli ag-gregati politici istituzionali in una commistione di interessi economico politici o anche in qualche caso mafiosi.
In questo senso vanno interpretate le aggressioni ai lavoratori e ai delegati Sicobas da parte di delegati cgil crumiri, in crisi per la perdita del controllo dei lavoratori, alla SDA di Roma e in ultimo alla GLS di piacenza.
In questo contesto crediamo vadano compresi e inquadrati i fogli di via, le continue de-nunce, il forte "attenzionamento" di cui è oggetto questo movimento in continua ascesa, e le ultime gravi aggressioni poliziesche al picchetto alla Penny Market di Desenzano del Garda e lo sgombero violento del picchetto alla Bormioli di Fidenza sempre di lavoratori organizzati nel Sicobas ;  come anche gli ultimi nuovi avvisi di garanzia arrivati a Mila-no a compagni e compagne di una realtà che fa parte di questo movimento politico sin-dacale come ad alcuni compagni del SiCobas con una portata che non siamo ancora in grado di decifrare.
In questo quadro vanno valutati gli attacchi giudiziari ai percorsi di lotta dei movimenti per il  diritto alla casa e polizieschi alle occupazioni abitative in diverse città italiane e analizzato il percorso processuale che scientemente chiude in un unico pacchetto re-pressivo 2 anni di lotta a Firenze (dal 2009 al 2011) mettendo sotto processo 86 compa-gni e compagne accorpando lotte studentesche, lotte per la casa, lotte antifasciste e in supporto di lotte proletarie con la deliberata e pretenziosa aggravante dell' utilizzo del reato associativo per giustificare gli arresti e la gravità delle pene da comminare.
Questo processo andrà a sentenza a febbraio e alle compagne e ai compagni dei diversi movimenti fiorentini va la nostra massima solidarietà anticapitalista fondata sulla con-vinzione di una necessaria trasformazione rivoluzionaria del sistema economico capita-lista.

In questa prospettiva di classe la risposta alla repressione non può essere nè il vit-timismo nè l' identitarismo, ma al contrario il denunciare e rilanciare con forza l'in-tervento nelle contraddizioni che hanno prodotto i comportamenti messi sotto processo. 
La risposta non può che essere che l'intensificazione di ogni sforzo perchè tutti le compagne e i compagni si impegnino con tutte le loro forze per dare teoria politica, organizzazione, radicamento e radicalità ad ogni ambito di lavoro politico e sinda-cale. in una chiara direzione di ricomposizione di classe e generalizzazione del con-flitto.
L'unica risposta infatti per far pagare il prezzo della repressione al nemico di classe è data dalla modificazione dei rapporti di forza e l'espressione di una forza di classe per sè in grado ri rivoluzionare il presente.
L' emersione di un punto di vista di classe che crei le condizioni per il nascere di nuovi germogli di conflitto per la distruzione del modo di produzione capitalistico per una società senza classi, per una nuova società di liberi e di eguali.

 

                  CONTRO LA REPRESSIONE LOTTA DI CLASSE


Csa Vittoria
Milano 11.01.2016