Appello per l'assemblea nazionale di domenica 14 giugno

Inviato da redazione il Mer, 10/06/2015 - 01:55
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il capitalismo non si riforma si abbatte

 
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a una nuova escalation dell'offensiva padronale contro le più importanti lotte e mobilitazioni operaie. In Sda, in risposta agli scioperi e ai picchetti messi in atto dal SI Cobas per fermare un pesante piano di ristrutturazione che avrebbe portato a centinaia di licenziamenti, i padroni si sono serviti in più occasioni di vere e proprie bande di squadristi mercenari col compito di aggredire gli scioperanti: l'episodio più noto è avvenuto a Roma, dove qualche settimana fa alcuni facchini sono finiti all'ospedale e uno ha rischiato di perdere un occhio a seguito di un pestaggio compiuto da crumiri capitanati da un dirigente Sda e non a caso iscritti alla Filt-Cgil!


Contemporaneamente alla Fiat di Pomigliano si è concluso l'ennesimo round della battaglia sindacale e legale che da anni vede i cinque licenziati del reparto-confino di Nola lottare contro la politica padronale e come atto dell'ultimo periodo alle prese con i teoremi accusatori di Marchionne e dei vertici aziendali. Nonostante la lunga serie di iniziative di lotta e di denuncia che hanno via via consolidato un ampio fronte di solidarietà con i licenziati Fiat, la scorsa settimana il tribunale di Nola ha bocciato il ricorso negando ai cinque operai non solo il reintegro in fabbrica ma persino il risarcimento economico. La missione della Fiat, finalizzata a cancellare e sopprimere ogni forma di dissenso operaio nei suoi stabilimenti, sembrerebbe dunque compiuta con tanto di sigilli e approvazione della legge al servizio dei padroni (dopo solo qualche ora si viene anche a scoprire che il giudice che ha emesso la sentenza è legato da strettissimi rapporti di parentela con un quadro della Fiat!).
 
I casi Fiat e Sda sono esempi lampanti dell'offensiva antioperaia in atto: un’offensiva che, coinvolgendo a vari livelli ogni proletario del pianeta, nei cosiddetti “paesi avanzati” calpesta ormai anche le minime garanzie formali stabilite dalle leggi della democrazia borghese; tutto ciò pur di schiacciare ogni opposizione ai piani padronali e alle politiche di macelleria sociale attuati in Italia dal governo Renzie dall'UE contro milioni di proletari italiani ed europei.
 
Contro quest'offensiva è necessario ricostruire un fronte unito di lotta e di solidarietà che coinvolga e veda in prima fila i lavoratori colpiti e tutte quelle realtà politiche e sociali che, negli ultimi mesi, hanno lottato contro le politiche di austerity tese a far pagare la crisi ai proletari e alle classi subalterne, e a garantire uno sfruttamento senza fine della forza lavoro.
 
È necessario da subito dar vita a un unico fronte di lotta che unisca le lotte operaie a quelle territoriali in difesa del diritto alla casa, a quelle del mondo della formazione e alle mobilitazioni contro speculazioni e devastazioni ambientali.
 
Il tentativo di organizzare un blocco politico e sociale anticapitalista alla manifestazione di Milano del 1° Maggio è stato un primo, riuscito passo in questa direzione: uno spezzone che ha portato in piazza migliaia di persone, in particolare i facchini del SICobas, a cui si sono affiancati singoli compagni, esponenti di numerose lotte sparse su tutto il territorio nazionale e forze solidali e protagoniste di alcune di queste lotte. Ora si tratta di dare gambe a questo percorso dotandolo di forme stabili e strutturate.
 
Sette anni di crisi sono stati usati da padronato e governo per scardinare le conquiste delle lotte dei decenni passati, per demoralizzare i lavoratori esponendoli, senza più difesa alcuna, al ricatto del licenziamento ormai liberalizzato. Questo è il quadro generale, e nessuna valutazione può essere fatta senza tener conto di questo. Oggi una rabbia diffusa e generalizzata è presente in questo paese, ma ad essa manca una capacità politica e organizzativa in grado di coagulare una forza che, superando le prime manifestazioni di difesa e ribellismo, traducain progetto e azione la prospettiva rivoluzionaria di cambiamento reale dell’esistente.
 
Allo stesso tempo, non si può non tener conto che la logistica ha finora rappresentato il principale se non l'unico ambito capace di costruire un argine contro le forme più brutali di sfruttamento e, talvolta, un terreno di avanzamento reale in termini salariali e di condizioni lavorative; ciò grazie alla mobilitazione e al protagonismo di migliaia di facchini, gran parte dei quali immigrati, e al grande supporto dato a questi ultimi da numerose realtà di solidali.
 
Non si tratta di far assumere a questa lotta una centralità assoluta, quanto piuttosto di tutelare e rafforzare questo importante patrimonio e questo prezioso segnale di controtendenza con l'obiettivo di estendere e generalizzare lo scontro di classe in altre categorie e ambiti del dominio capitalistico in un ottica classista e internazionalista. D'altra parte,a nostro avviso, il protagonismo attivo dei proletari immigrati sui luoghi di lavoro costituisce oggil'argine più efficace contro l'offensiva reazionaria e xenofoba veicolata da Salvini e dai fascisti allo scopo di dividere i proletari. Il nostro obiettivo è alloraquello di estendere queste lotte ai settori checontinuano a non reagire all’offensiva, accanto a tutti quei movimenti di resistenza e di partecipazione popolare che si strutturano sui territori: dalla battaglia a Bagnoli per la bonifica e il lavoro alla lotta contro la Tav, fino ai percorsi di riappropriazione e collettivizzazione degli spazi o ai movimenti di lotta per la casa. È necessario raccordare questi ambiti di lotta non in un’ottica di mera sommatoria ma in una strategia comune, che rompa con le derive riformiste e con il mito della concertazione, per un’unificazione sul piano dello scontro aperto con la controparte padronale e i suoi maggiordomi politico-istituzionali, a partire dal PD diRenzi, con la consapevolezza dell’incompatibilità di questo sistema con i bisogni e le necessità più elementari dei proletari e delle masse oppresse.
 
Per costruire una reale alternativa non basta la rincorsa al grande appuntamento di piazza, e limitarsi a discutere sulla scelta tra la sfilata innocua e pacifica o qualche scontro di piazza occasionale e simbolico (quando non del tutto rituale) non ci fa fare nessun passo in avanti. Da questa situazione si esce solo affrontando il nostro obiettivo, che resta il lavoro quotidiano nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle scuole e università, e il nostro compito è quellodi dar vita all'organizzazione quotidiana dello scontro di classe; compito che non potrà mai essere sostituito dal momento campale, dal grande evento, dal giorno di gloria utile tutt’al più a dimostrare a noi stessi che esistiamo.
 
Esistono oggi le condizioni per un nuovo slancio delle lotte reali. Le prime occasioni che si determinano sui vari territori sono quelle legate alle molte lotte della logistica e, in primis, quella sul processo di ristrutturazione avviato da Sda;sull'occupazione delle case, sui permessi di soggiorno per gli immigrati, nella scuola. Per questo si rende necessaria la nascita di un’area politica e sociale che non si limiti a rappresentare il malessere generato dalla crisi e dallo sfruttamento, ma chepunti a organizzarlo in maniera cosciente e aconseguire risultati che, seppure immediati, facciano compiere un concreto passo in avanti lungo unaprospettiva di superamento del capitalismo, e non in funzione dei giochi a tavolino di qualche burocrate alla perenne ricerca di spazi di manovra istituzionali ed elettorali.
 
A partire dalla battaglia contro i licenziamenti politici atti a imporre il modello-Marchionne, alla difesa del salario e dei posti di lavoro alla SDA, alle lotte per il salario pieno e il superamento del sistema schiavistico nelle cooperative, alle mobilitazioni per il diritto alla casa e contro i piani di devastazione e saccheggio dei territori, è giunto il momento di serrare le fila e costruire un blocco anticapitalista all'altezza del livello di scontro imposto dai padroni e dal governo Renzi.