30 novembre Milano è palestinese - qualche riflessione per perseguire una prospettiva unitaria

Inviato da redazione il Mar, 03/12/2024 - 08:20
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Milano 30 novembre : siamo ancora scesi in piazza a migliaia a per la 60° volta a fianco del popolo palestinese e della sua Resistenza!

gaza
il corteo percorre viale Padova ingrossandosi.
Nessuno se lo sarebbe mai aspettato e soprattutto nessuno l'avrebbe mai voluto ma, sabato 30 novembre , sabato dopo sabato dall'8 ottobre 2023, la Milano palestinese è scesa ancora in piazza per la 60esima volta a fianco del popolo palestinese e della sua Resistenza. 
Un corteo mai rituale, mai fredda ricorrenza, mai "politichese", mai sovradeterminato, ma un grande caldo, caldissimo ed empatico abbraccio al popolo palestinese e alla sua Resistenza. Senza tentennamenti, senza mai un calo di tensione, per molte e molti forse persino un antidoto al dolore dell'impotenza davanti alla sofferenza disumana di un popolo massacrato da bombe, carri armati, fame e sete. 
Senza mai un passo indietro davanti alla criminalizzazione dei nostri cortei, senza alcuna incertezza davanti al foglio di via a Mohammad Hannoun per il riconoscimento ufficiale ai solidali che hanno cacciato da Amsterdam le squadracce dei tifosi nazi-sionisti della squadra di calcio di Tel Aviv. Senza un passo indietro davanti al doppiopesismo giudiziario e dei media che criminalizza la nostra solidarietà definita, sabato dopo sabato, "filo terrorista" per cui diventa un crimine mostrare cartelli che mostrano le mani sporche di sangue della Meloni, complice del suo camerata Netanyahu, e invece lascia libero il "giornalista" Feltri di Fratelli d'Italia" , in versione Ku Klux Klan,  di annunciare  ".......sparerei in bocca ai musulmani, razze inferiori". Ci siamo abituati e non ci spaventiamo ma siamo, anzi, solo sempre più arrabbiati.
Ci piace pensare di essere diventati ormai una comunità di donne e uomini, ragazze e ragazzi che, nell'etereogenea composizione ha imparato a stare insieme e a farsi coraggio e darsi una prospettiva comune davanti all'orrore della pulizia etnica fino al genocidio a Gaza e in Cisgiordania. Un mare di orrore e di sangue che è diventato un punto di non ritorno nella storia moderna dell'umanità, con un peso incommensurabilmente più importante dell'agitare la propria ridicola bandierina in base al proprio piccolo "posizionamento ideologico". La differenza sostanziale tra rigidità/egemonismo e rigore ideologico sta, crediamo, nel riuscire a far vivere dialetticamente la propria posizione politico ideologica ponendola nel flusso collettivo della solidarietà. La frattura di merito e nel metodo, tra egemonia ed egemonismo, sta nella capacità di costruire la condivisione di valori e di prospettive Un contributo trasparente che arricchisce, un affluente che si pone all'interno di un fiume con molte sfumature. Imparando dalla Palestina dove la componente della sinistra marxista non è certo egemone ma viva e propositiva.
Ci sembra quasi si stia riproponendo in chiave italiana il Sumud palestinese e il suggerimento di Samah Jabr su come i processi collettivi di Resistenza siano l'unica soluzione possibile per i singoli ancora impreparati a poter razionalizzare la pianificazione scientifica di un tale livello di disumanità nazista e di violenza genocida. 
Ciò che ha permesso questo lungo percorso iniziato l'8 ottobre 2023, è stato il valorizzare ciò che ci unisce, sabato dopo sabato, ma soprattutto il mantenere la barra a dritta della discriminante del massimo sostegno senza condizioni di sorta all'autodeterminazione del popolo palestinese e alla sua eroica, Resistenza, civile, armata e di popolo contro l'oppressione coloniale sionista.
Il nostro ruolo come compagne e compagni all'interno di questo movimento milanese con caratteristiche "di massa", e non composto fortunatamente solo da "aree antagoniste" che si contendono "il primato", (che forse se ne tengono fuori proprio per questo e perchè il misurarsi con la realtà fa spesso vacillare i propri "ideologismi") è stato quello di provare a fornire gli strumenti per una comprensione complessiva della realtà e dello scontro globale in atto come prodotto della crisi del modo di produzione capitalistico. Una spinta a guardare lo stesso genocidio palestinese in un'ottica di ricomposizione a partire dagli interessi di classe con tutto ciò che ne consegue, fino ad arrivare alla costante denuncia, sabato dopo sabato, di una tendenza alla guerra e di un'economia di guerra che pesa sulla vita di milioni di proletarie e proletari indifferentemente dal luogo di nascita o origine famigliare. Fino ad arrivare al "fronte interno" e al salto qualitativo della repressione rappresentato dal ddl 1660 che sabato dopo sabato viene denunciato con uno striscione e con gli interventi dal camion.
Questa esperienza milanese di un anno sta cementando rapporti e sta arricchendo, sabato dopo sabato, chi partecipa ai cortei spinto, senza altre pretese, solo dalla volontà di volerci essere. 
Essere parte di questo percorso ci fa sentire orgogliosi, ci fa sentire parte di un trasparente movimento di solidarietà che ha sempre rivendicato l'unità a partire dalla consapevolezza della necessità del sostegno alla Resistenza come indispensabile risposta al silenzio utile alla "soluzione finale" del popolo palestinese. 
Ma il grande respiro della solidarietà politica antimperialista militante alla resistenza palestinese, proprio perchè non espressa in " verboso politichese", è stata capace di fondersi con l'empatia e la solidarietà umana provata da molte e molti per l'inumana sofferenza del popolo palestinese; di unirsi con l'identificazione con il popolo palestinese di centinaia di ragazze e ragazzi di origine nord africana, di coniugarsi con la denuncia dell'arabofobia dell'islamofobia diffusa a piene mani dal governo Meloni quando, sul fronte interno, reindossa la camicia nera e batte sui temi a loro cari del razzismo e della sostituzione etnica.
Un respiro inclusivo e per quanto possibile di massa, che si è posto in una chiara prospettiva antimperialista e rimane tutt'oggi con caratteristiche di partecipazione collettiva e non di scontro tra deleteri egemonismi o per l'autoaffermazione delle diverse soggettività. Non siamo cosi ingenui, il nostro non è un unitarismo, a prescindere, non è un appello formale ad un'unità senza contenuti. Proprio per questo sappiamo "leggere tra le righe" e riconoscere le contraddizioni reali e le spinte centrifughe che andavano il più possibile affrontate senza essere "urlate" proprio per non fomentare l'infantile rincorsa tra comunicati funzionali a sottolineare e ampliare le differenze anziché provare a ricomporle o comunque di farle camminare insieme.
Leggiamo con attenzione mai pregiudiziale analisi politiche di fase molto diverse, condivisibili o meno, che non troviamo sufficienti a rompere un fronte di solidarietà. Una rottura che ci è purtroppo sembrata persino cercata e perseguita se con la cecità "politica" di chi guarda solo all'egemonia del proprio posizionamento ideologico se non più banalmente della propria organizzazione per poi guardarsi indietro e comprendere che ... si è sfasciato tutto.
Attenzione però che l'apertura e il tentativo di essere inclusivi non ha certo significato e non ha permesso alcuna contiguità o vicinanza a posizioni collaborazioniste denunciando sempre anche il tentativo di pacificazione strumentale che sorregge l'opzione di 2 popoli in 2 stati. 
Sarà solo popolo palestinese a dover decidere del proprio futuro e noi saremo al suo fianco senza la pretesa di insegnargli nulla ma solo facendo vivere un'opzione anticapitalista
presente in Palestina anche all'interno di una solidarietà allargata.
A Roma abbiamo visto una grande manifestazione con due spezzoni che hanno convissuto nella stessa piazza più che essere interni ad un unico corteo unitario e, guardando il risultato, possiamo solo pensare che questo sia il frutto della sovrapposizione di errori che si potevano e dovevano evitare. Non ci scandalizza l'idea di spezzoni separati in base a posizioni politiche diverse, non è la prima e non sarà l'ultima volta che questo accade, ma ci interessa capire perchè queste posizioni impediscano un unico alveo che possa raccogliere e rilanciare tutta la solidarietà possibile, per non fare un favore al nemico sionista e mostrare al contrario la forza della solidarietà unita nella sua pluralità e nella diversità le sue forme.
 
 
Unità della resistenza, unità della Solidarietà

 

E come terminiamo ogni sabato alla fine dei nostri cortei......ci vediamo sabato prossimo!!!
CON LA PALESTINA NEL CUORE!
 
MILANO E' PALESTINESE!