Con i licenziati politici di Pomigliano per un blocco sociale anticapitalista

Inviato da redazione il Mar, 30/06/2015 - 01:49
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uniti si vince


Le prime scadenze che siamo già in grado di indicare sono:
 
martedì 7 luglio: a Napoli in Piazza Dante concerto in piazza contro i licenziamenti politici alla FIAT di Pomigliano con interventi dal palco;
 
venerdì 10 luglio: a Campi Bisenzio Firenze al Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos
alle ore 20,00 aperitivo di finanziamento – ore 20,30 incontro dibattito con alcuni operai licenziati della Fiat di Pomigliano – a seguire cena e serata di finanziamento.
Contro i licenziamenti politici, i provvedimenti disciplinari e i reparti confino e la repressione sui posti di lavoro. ESTENDERE LA SOLIDARIETA’ e RILANCIARE LA LOTTA. Assemblea NO Job Act di Firenze.
 
sabato 11 luglio: a Torino: incontro dei licenziati politici Fiat di Pomigliano con i lavoratori Fiat-FCA di Torino e movimenti di lotta locali
 
domenica 12 luglio: a Milano ore 15,00 al Centro Sociale Vittoria
assemblea generale dei delegati e dei lavoratori della logistica e di fabbriche di altri settori, aperta a tutti i movimenti di lotta presenti sul territorio con i licenziati politici di Pomigliano
 
Bologna: data da definire
iniziativa di autofinanziamento a sostegno dei lavoratori licenziati
 
Roma: dopo metà luglio
incontro/dibattito con licenziati politici Fiat di Pomigliano Sicobas e Assemblea di sostegno alle lotte della logistica - Roma
 
Fino ad ora promuovono e aderiscono :
 
SiCobas
Laboratorio politico Iskra
Centro Sociale Vittoria
Clash City Worker
La Sciloria
Collettivo La Lanterna di Genova
Gruppo Comunista Rivoluzionario
Assemblea di sostegno alle lotte nella logistica - Roma
Comitato di lotta dei lavoratori di Fincantieri
Sinistra Classe Rivoluzione
Pcl Parma – Pcl Firenze 
Comunisti per l’ organizzazione di Classe
Spazio Occupato Autogestito 28 Marzo- Acerra
Rete Campagne in Lotta 
 
L'appello:
  
Le lotte e le mobilitazioni operaie, in particolare nel settore della logistica, ma non solo, 
hanno rappresentato negli ultimi anni, un chiaro segnale di controtendenza rispetto al 
complessivo arretramento della classe operaia in Italia.
Lotte puntualmente colpite dagli attacchi portati direttamente dalla classe padronale 
con l’appoggio della magistratura, come nel caso del licenziamento politico dei 5 operai 
di Pomigliano, o addirittura attraverso l’utilizzo dello squadrismo, come accaduto a 
Roma laddove un gruppo di crumiri (tesserati Cgil) ha aggredito con spranghe lo 
sciopero dei facchini che si opponevano alla ristrutturazione che SDA/Poste Italiane 
vorrebbero imporre con licenziamenti di massa.
Teatro di questo scontro è il tentativo incessante da parte della borghesia di ogni Paese 
di imporre una politica di lacrime e sangue per aumentare la massa dei profitti con un 
maggior sfruttamento della forza lavoro, a fronte di una crisi di accumulazione 
capitalista dalle dimensioni mondiali.
Una crisi che, ben al di là della propaganda mediatica che cerca di rassicurare le 
masse circa una sua fine ormai prossima, tende invece ad approfondirsi, non avendo 
altra strada da percorrere se non quella di intensificare lo sfruttamento della classe 
operaia, aumentando la poverta' e la miseria complessiva delle masse, cancellando i 
diritti sociali e politici acquisiti dal proletariato metropolitano grazie a decenni di lotte e 
mobilitazioni negli anni passati.

Un modello padronale che, a partire dall’intensificazione dello sfruttamento nei luoghi 
di produzione tramite del cosiddetto “Jobs Act” finalizzato alla demolizione sistematica 
delle garanzie residue e tutele collettive per l'insieme della forza lavoro occupata e 
disoccupata, si riversa sull’insieme della società con il piano definito “Buona Scuola” 
(che porta a compimento la trasformazione dell’istruzione in gerarchia aziendalista che 
si erge a formazione politica e culturale delle nuove generazioni), il “decreto sblocca 
Italia” (che incentiva investimenti capitalisti in cambio di devastazione territoriale e 
ambientale), il piano nazionale di cancellazione “manu militari” del diritto alla casa per 
le masse impoverite dalla crisi.

Insomma ci troviamo di fronte ad un'offensiva politica complessiva, finalizzata a 
favorire la ricerca spasmodica di investimenti e soluzioni per un improbabile nuovo ed 
esteso ciclo di accumulazione capitalista, per rispondere ad una concorrenza tra paesi 
imperialisti che assume in certe aree uno scontro militare e che, per questo, necessità 
di un progressivo rafforzamento del potere esecutivo, che tende ad essere pervasivo a 
tutti i livelli, anche a quelli decentrati.
Di fronte a un'offensiva di tale portata è necessario, da subito, promuovere un 
fronte di lotta che, a partire dall’unificazione delle lotte operaie e sociali che 
sono presenti su scala nazionale, sappia porsi come punto di riferimento 
complessivo per l’insieme degli sfruttati e delle masse proletarie colpite dalla 
crisi, in una prospettiva di superamento della società capitalista in una visione 
internazionale ed internazionalista.
Non si tratta quindi di inseguire l’ennesimo e fallimentare coordinamento tra 
sigle differenti (che siano esse sindacali, sociali o politiche) ma di puntare 
piuttosto a unificare le vertenze specifiche intorno ad un punto di vista di 
classe più generale capace di favorire azioni specifiche vincenti (così come il 
movimento di lotta nella logistica dimostra essere possibile già 
nell’immediato) e allo stesso tempo, dentro tale movimento, radicare una 
prospettiva reale di lotta al capitalismo rompendo con le illusioni riformiste e 
con qualsiasi logica di compatibilità con il sistema.
Un progetto ed un processo che possono avanzare solo se, unitariamente, le forze 
disponibili a battersi per questa prospettiva sapranno unificare gli sforzi per definire 
una politica rivoluzionaria e battaglie comuni e concrete basate su obiettivi condivisi.
Ora si tratta di trasformare le diverse specifiche lotte e una larga “solidarietà” in una 
potente e solida “unità” di classe.
Non sarà un percorso facile, né rapido né spontaneo.
La demoralizzazione, l’avvilimento, lo sconforto seminato da governo, padroni e media 
uniti al peggioramento delle condizioni materiali hanno prodotto una profonda sfiducia 
tra le masse proletarie consegnandone una parte alla retorica populista fascio-leghista.
Ma questa devastazione della classe non è un processo irreversibile.
Le lotte avanzate e finalmente non di sola resistenza e risposta agli attacchi padronali, 
come nella logistica, l’hanno ampiamente dimostrato.
In questo periodo assistiamo anche al crescere di un malessere, indotto da questa crisi 
e dall’aumento dello sfruttamento, che si può trasformare in rabbia e azione 
organizzata.

È possibile realizzare questa trasformazione, ma non sarà, anche qui, un processo 
semplice, né spontaneo, né avverrà per decisione di qualche “comitato centrale”, né di 
qualche “illuminato”, né di qualche maître a penser.
Nessuno di questi nodi può essere infatti sciolto con scorciatoie politiche o strette 
organizzativistiche nella consapevolezza di un livello generale ancora troppo basso di 
coscienza di classe e che è ancora troppo poco quello che riusciamo ad organizzare e 
rendere organico all'interno di un processo di maturazione politica in senso 
esplicitamente anticapitalista.
Potrà essere prodotto soltanto dall’azione quotidiana, dura e continua, nei posti di 
lavoro, invece nei terrori, nelle scuole, ovunque, facendo in modo che questi diversi 
momenti della condizione proletaria si riuniscano ai tanti altri aspetti che oggi 
spezzettano la condizione complessiva della classe: la rigidità operaia sul posto di 
lavoro, la lotta per un salario dignitoso, la casa, il trasporto, la disoccupazione, il caro 
prezzi, il caro servizi, la scuola, la salute, ecc., e si ricompongano in un’unica lotta. Una 
lotta per la liberazione dallo sfruttamento e dall’oppressione (nelle diverse forme che 
assumono), per l’abbattimento del modo di produzione capitalistico e della 
devastazione sociale che questo trascina con sé.
Quali i tempi di questo percorso?
Non esiste una soluzione unica pronta per l’utilizzo e la riproduzione meccanica in ogni 
contesto. Neanche con la semplice enunciazione a parole dell'importanza dell'unione tra 
le diverse figure proletarie e la conseguente spinta a riprendersi salario in tutte le sue 
forme. Bisogna lavorare affinchè questa unione di lotte, i cui risultati positivi sono e 
saranno forse i soli spendibili in un contesto di generale arretramento, possa diventare 
il riferimento per altri settori proletari che per debolezza oggettiva o condizionamento 
ideologico hanno scelto la strada di un compromesso passivo illudendosi che passata 
l'attuale fase si possano salvare dalla trappola della disoccupazione e della miseria.
Questo fronte di lotta deve essere in grado di intercettare e coinvolgere le masse di 
migranti che, fuggendo dalla devastazione portata dalle guerre imperialiste e dal 
saccheggio di risorse, sono oggettivamente una parte rilevante del nuovo proletariato 
metropolitano e contadino.
L'esperienza della logistica ha infatti dimostrato la capacità, la radicalità e l'efficacia di 
un processo di autodeterminazione e autorganizzazione sulla base di un protagonismo 
decisivo che li spinge a mettere complessivamente in discussione la condizione di 
sfruttamento che li vorrebbe ridotti, anche in virtù di un razzismo diffuso, al ruolo di 
servi o comunque soggetti subordinati.
Sulla base delle indicazioni emerse dall’assemblea nazionale del 14 giugno a Bologna, e 
a partire dalla scadenza del 7 luglio a Napoli (Concerto in piazza contro i 
licenziamenti politici alla FIAT di Pomigliano con interventi dal palco), questo appello si 
propone la costruzione di una calendario di iniziative a livello territoriale (Roma, 
Firenze, Bologna, Milano, Torino) capaci di realizzare un incontro effettivo fra le realtà 
di lotta effettive (operai della logistica, comitati di lotta nelle fabbriche, movimenti 
popolari contro le devastazioni territoriali, movimenti a difesa dei servizi pubblici, 
coordinamenti di lotta di precari e disoccupati) e avviare un percorso reale di 
unificazione dal basso che possa sfociare in un’assemblea nazionale e capace di 
lanciare  una giornata di mobilitazione nazionale ad ottobre effettivamente 
rappresentativa delle lotte che, a partire dalle loro specificità, si collocano apertamente 
in opposizione al governo Renzi