CONTRO IL JOBS ACT E LE POLITICHE DEL GOVERNO RENZI, CONTRO LA GUERRA AL LAVORO RILANCIAMO IL CONFLITTO!

Inviato da redazione il Mar, 11/11/2014 - 09:22
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sciopero generale

Dopo il propedeutico passaggio operato con il primo atto del cosiddetto Jobs Act che ha definitivamente liberalizzato il già favorevole ricorso al contratto a termine e reso ancor meno oneroso il contratto di apprendistato, con l'avvento dell'autunno, il governo Renzi ha impresso una decisa accelerazione alla completa ristrutturazione del mondo del lavoro in supino adempimento alle riforme strutturali imposte dalle istanze economico-finanziarie comunitarie. Ristrutturazione che, accompagnata dai feroci tagli alla spesa sociale previsti dalla legge di stabilità 2015, si sta traducendo in un affondo portato a quel poco che ancora residua in termini di garanzie e tutele collettive per la classe. 
L'introduzione di un'ulteriore forma contrattuale a “tutele crescenti” che prevede l'inapplicabilità per tre anni dell'art. 18, unita al contratto a termine acausale delineato dalla riforma Poletti, mostra anche nei fatti il superamento al diritto alla reintegrazione e disegna un'organizzazione del lavoro sempre più frammentata, parcellizzata e flessibile nel quale il sindacato è sempre più ridotto alla sola dimensione aziendale rottamando i contratti collettivi nazionali e i minimi retributivi in essi previsti.
Ciò in un contesto di disoccupazione ormai massiva (quasi la metà della forza lavoro giovanile), con un esercito di riserva ormai strutturato in dimensioni notevoli e con la certezza di un ulteriore incremento stante la prospettata destrutturazione degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione in primis).    
La liberalizzazione del demansionamento e dello spionaggio elettronico del lavoratore sul posto del lavoro segnano poi il ritorno materiale ad una quotidianità lavorativa ove il padrone non aveva già alcun limite nell'uso della forza lavoro impiegata, veramente e definitivamente resa merce funzionale alle sue insindacabili esigenze e interessi di classe.         
Tutto ciò con il plauso di Confindustria e l'ovvia complicità anche ideologica dell'intero padronato italiano che, riconoscendo al presidente del consiglio di essersi assunto “il pesante fardello di far uscire l'Italia dalle secche di regole e culture sorpassate”, per bocca di Marchionne ne confessa la mistificazione e soprattutto l'evidenza di averlo “messo là per quella ragione lì”. Padronato italiano che, peraltro, incassa - sempre con la legge di stabilità - un deciso taglio delle tasse alle imprese (IRAP) e dei contributi sociali per i neoassunti a tempo indeterminato e, con il cosiddetto provvedimento “Sblocca Italia”, un incentivo alla devastazione del territorio e alla speculazione immobiliare delle varie lobbies del cemento. E' il primato assoluto dell'impresa e del profitto, con buona pace di ogni riformismo o di chi ancora crede che sia sufficiente proporre qualche ricetta dal vago sapore keynesiano per temperare l'offensiva di classe contro il lavoro.     
Ma si assiste a un'ulteriore cambio di paradigma, anche retorico, che il governo sta proponendo con decisione anche quale conseguenza delle numerose esplosioni di conflittualità operaia che si sono sviluppate in questo periodo. Se queste stanno infatti costringendo la dirigenza CGIL (della FIOM in particolare) al tentativo disperato di recuperare margini di concertazione, svelano peraltro anche l'obiettivo renziano di attivare un discorso ideologico che prepari e permetta di giustificare la chiusura, mutuata anch'essa dalla Troika, di ogni margine di opposizione o “disturbo” alla propria azione. 
La forma statuale risultante è sempre più compressa, una democrazia autoritaria nella quale non vi sia più spazio per la mediazione sociale, ritenuta ormai obsoleta e inutile, al pari dei soggetti protagonisti della stessa (sindacati e partiti di massa in particolare): da qui il pesante attacco portato al sindacato confederale e i riferimenti espliciti all'unità nazionale e a presunti interessi comuni tra lavoratori e padroni (nei quali si sente l'eco del corporativismo fascista) da difendere da “complotti” ed “estremismo politico” (come già rilevato dall'interessato rapporto annuale dei servizi segreti e richiamato da Napolitano) anche con la forza delle manganellate e dei lacrimogeni.      
La crisi strutturale del modo di produzione capitalistico continua quindi imperterrita a presentare i propri effetti che si traducono anche in queste misure e in generale nelle complessive politiche di austerità imposte dal livello comunitario che contribuiscono ad aggravare le condizioni complessive della classe operaia. 
Crisi e politiche economiche che stanno peraltro aprendo pericolosi margini per progetti politici identitari e populisti ben rappresentati dalla Lega di Salvini e dal suo codazzo di becerume fascista che stanno tentando di costruirsi una proprio rinnovata agibilità intercettando l'elettorato piccolo-borghese impoverito e deluso dal berlusconismo.   


E' quindi ora e tempo di un'opposizione reale alle politiche del governo Renzi e ai piani europei che riporti al centro gli interessi di una classe lavoratrice che sta lanciando segnali piccoli ma inequivocabili di disponibilità al conflitto e che sviluppi un percorso virtuoso che sappia mettere in relazione tutti quei settori oggi in lotta in un'ottica di ricomposizione sociale rifuggendo ogni ipotesi di subordinazione ai profitti padronali. 
Un’opposizione di classe e sociale che non rincorra genericamente parole d’ordine interclassiste contro l’austerità che ricalcano lo scontro interno alle diverse borghesie nazionali (austerità contro investimenti) e che provi a inchiodare politicamente chi agita lo spettro del conflitto solo ed esclusivamente per tornare, come detto, alla concertazione (CGIL e FIOM in testa). 
Un'opposizione che rimetta al centro il conflitto di classe e la ricomposizione per porre le basi, anche solo a partire dalla difesa dei livelli salariali, per una trasformazione radicale del presente .

Lo sciopero generale e le diverse mobilitazioni organizzate per il 14 novembre rappresentano un passaggio conflittuale importante contro Jobs Act e legge di stabilità del Governo Renzi, invitiamo quindi tutti i lavoratori e le lavoratrici, precarie e precari all'astensione dal lavoro e a mobilitarsi contro l'attacco di classe in atto. 

Centro Sociale Vittoria