66° CORTEO ANTIFASCISTA ANTISIONISTA ANTIMPERIALISTA
in solidarietà al popolo palestinese.
Contro ogni razzismo, antisemitismo, islamofobia
organizzato dalle associazioni palestinesi.
Sabato 11 gennaio torniamo in un quartiere popolare
partenza ore 15,00 Piazza Tirana - M4 San Cristoforo -
66° CORTEO a Milano per le vie del quartiere Giambellino/Lorenteggio
con ritorno in piazza Tirana.
Mobilitiamo le nostre coscienze umane contro il genocidio!
Mobilitiamo la nostra empatia e la nostra umanità!
Mobilitiamo la nostra coscienza di classe e il nostro internazionalismo!
CONTRO L'IMPERIALISMO E IL SIONISMO GENOCIDA!
Il sionismo è equiparabile al nazismo.
Il sionismo è il peggior nemico dell'ebraismo!
Dopo 15 mesi circa di genocidio programmato e scientemente messo in atto dall'entità sionista Israele, bisognerebbe proprio essere privi di ogni senso di appartenenza anche generica alla comunità umana, veramente ignoranti o più semplicemente in mala fede, per non avere capito come il sionismo sia equiparabile al nazismo dal punto di vista dei presupposti ideologici oltre che nella modalità della violenza utilizzata contro la popolazione palestinese.
Dopo 15 mesi di genocidio, a chi ancora sempre più debolmente enuncia il principio senza alcuna relazione con il presente, che gli "ebrei, dopo quello che hanno passato, hanno diritto a difendersi", (purtroppo anche a "sinistra" e quindi immaginando la capacità di utilizzare almeno la parte più empatica del proprio cervello) rispondiamo ancora una volta che professare l'ebraismo non ha nulla a che fare con l’essere seguaci dell'ideologia sionista. Che essere ebreo non ha nulla a che fare con l'occupare la terra di altri esseri umani dopo averli cacciati, che essere ebreo come ovviamente cristiano, buddhista o musulmano, non vuol dire, in quanto tale, possedere gli anticorpi e non poter diventare fondamentalista e suprematista. Rispondiamo che il legittimo MAI PIU Olocausto deve essere valido per ogni popolo nel mondo altrimenti non è un principio etico ma un'affermazione di impunità suprematista.
Rispondiamo ancora una volta con dati storici inconfutabili che utilizzare strumentalmente l'orrore dell'olocausto ebraico per contrapporlo a "giustificazione" del genocidio palestinese è esso stesso un errore storico, oltre che un orrore ipocrita finalizzato alla giustificazione della Nakba del 1948 e della occupazione coloniale sionista che dura da 76 anni fino al genocidio programmato ora in corso. Ipocrita perché il sionismo nasce come movimento colonialista suprematista ben prima della pianificazione dello sterminio nazista decisa da Hitler e ufficializzata nel 1941 da Goering, Eichmann e Heydrich.
Il sionismo viene progettato ben prima della "soluzione finale" ideata per la popolazione ebraica insieme a milioni di partigiani, comunisti, socialisti, anarchici, soldati rom, sinti, omosessuali, lesbiche, portatori di disagio psichico o malformazioni fisiche e di tutti tutte coloro non si conformassero alla invenzione suprematista della perfezione antropologica della cosiddetta "razza ariana"...
E' datata ufficialmente verso la fine dell'800 (Basilea 1897 fondazione dell' Organizzazione mondiale sionista) la nascita dell'ideologia sionista che rivendica il diritto messianico ad una grande Israele padrona del Medio Oriente conseguentemente fondata sulla cacciata, con ogni mezzo necessario, della popolazione palestinese che conviveva fino a quel momento in pace e senza alcuna discriminazione etnica o religiosa al proprio interno per il semplice motivo che erano tutte e tutti palestinesi. È, invece, del novembre del 1917, la "dichiarazione di Balfour" con la quale l'ex primo ministro inglese riconosce e si fa carico della nascita di un focolaio ebraico in terra Santa proprio sulla base di un profondo razzismo insito trasversalmente nei paesi della vecchia Europa che hanno così "esternalizzato" la propria discriminazione antisemita scaricandola sull'innocente popolo palestinese.
E così, insediamento dopo insediamento, furto dopo furto, pulizia etnica e pratiche terroriste nei confronti dei contadini palestinesi si arriva al 1948 con l'ufficializzazione della nascita dell'entità sionista Israele che infatti, già solo dopo qualche mese, aveva abbondantemente travalicato i confini assegnatigli.
L'entità sionista Israele è in quanto tale fondata sulla violenza dell'esproprio di terre e l'azzeramento di vite palestinesi.
Il giornale israeliano Haaretz, di area "progressista", riporta le interviste ai numerosi soldati dell'Idf che "poverini" richiedono un supporto psicologico per la qualità e la quantità di violenza da loro utilizzata sulla popolazione civile palestinese. A parte il numero relativamente basso di sociopatici assassini che prova gusto nel praticare violenza, altri denunciano una forma di dissociazione, di euforia del potere in base alla quale una volta entrati a Gaza... tutto è permesso, "è come una droga", "si diventa legge e ci si sente come degli dèi". Un soldato racconta di un suo ufficiale che, per insegnargli la disciplina e le regole di ingaggio, è entrato in un cortile e ha spezzato un braccio e una gamba ad un bambino di 4 anni che giocava in un cortile, spiegando il suo gesto con il fatto che è legittimo uccidere i bambini palestinesi il giorno stesso in cui nascono! Altri, tutti presi in questa forma di euforica "dissociazione" dichiarano che “Mi sono sentito come, come un nazista… sembrava proprio che noi fossimo in realtà i nazisti e loro gli ebrei". Se questa è la percezione di un soldatino assassino dell’IDF di quella che i media occidentali filoisraeliani definiscono guerra, ci domandiamo cosa altro possa servire per risvegliare le coscienze dopo 15 mesi di questo orrore.
Sabato 4 gennaio, dopo il 65° corteo, abbiamo preso parte ad un convegno, organizzato dall' Associazione benefica di Solidarietà al popolo palestinese - ABSPP-, durante il quale sono state esposte numerose diapositive commentate in sala e in diretta da Gaza da dottori palestinesi. Queste diapositive hanno snocciolato numeri e dati statistici che letteralmente grondavano di orrore perché hanno raffigurato tanti dati parziali, mirati su categorie particolari, che sommati danno il quadro generale dell'immane tragedia dal punto di vista sanitario e del vissuto quotidiano del popolo palestinese.
In pochi di noi tutte e tutti, travolti e sconvolti dai filmati che arrivano dall'inferno di Gaza, ci fanno probabilmente caso ma non avere ospedali in cui curarsi vuol dire banalmente, ad esempio, rinviare .... a quando non si sa, interventi chirurgici per sanare situazioni di "normale" infermità che trascurate si trasformano in gravi e urgenti.
Non avere più ospedali attrezzati vuol dire, ad esempio, aver già condannato a morte i malati oncologici: in questo momento almeno 12.500 dovrebbero essere immediatamente trasportati in un ospedale per essere salvati con un'operazione e di questi almeno il 25% è già destinato a morire per la mancanza di cure perché ... Israele distrugge deliberatamente gli ospedali. Non poter accedere ad un ospedale vuol dire che le donne sono costrette a partorire in una situazione di precarietà di vita, senza assistenza e igiene con rischio altissimo di infezioni e complicazioni post-parto. Le donne palestinesi che partoriscono sono destinate a vedere morire i loro figli in numero altissimo al momento del parto e nel futuro pagare il pesante prezzo della loro malnutrizione e della mancanza di alimentazione e cure fin dal primo giorno di vita.
Ma tutto questo non è casuale perché è proprio questo che prevede il piano genocidario della maledetta entità sionista israele. Una nuova "strage degli innocenti" nel ruolo di un nuovo Erode collettivo sionista dopo 2000 anni.
La bravissima scrittrice palestinese Susan Abulhawa autrice di molti bellissimi romanzi tra i quali "Ogni mattina a Jenin", scriveva dopo la sua visita a Gaza:
“Giornalisti e politici la chiamano guerra. Gli informati e gli onesti lo chiamano genocidio. "La realtà sul campo è infinitamente peggiore dei terribili video e foto che stiamo vedendo in Occidente “. "All’inizio le persone ricorrevano al consumo di mangime per cavalli e asini, ma questo non c’è più. Ora stanno mangiando gli asini e i cavalli”. “Alcuni mangiano cani e gatti randagi, che stanno morendo di fame e talvolta si nutrono di resti umani che ricoprono le strade dove i cecchini israeliani hanno preso di mira le persone che hanno osato avventurarsi nel campo visivo dei loro mirini. I vecchi e i deboli sono già morti di fame e di sete”. “Quello che vedo è un Olocausto”, “L’incomprensibile culmine di 75 anni di impunità israeliana per i persistenti Crimini di Guerra”.
La visita di Susan Abulhawa (il suo racconto è in allegato) risale ormai al marzo 2024 e non crediamo nessuno possa realisticamente neanche immaginarsi l'inferno della quotidianità a Gaza.
Una Gaza dal 2006 stremata per l'arbitrario embargo e per l'assedio economico militare israeliano, la cui popolazione già sopravviveva con l'invio di un minimo di 500 TIR di aiuti umanitari ora invece azzerati o ridotti al minimo. Dopo un periodo in cui l'IDF non ha permesso il passaggio di alcun TIR, negli scorsi giorni le informazioni raccolte parlavano del passaggio di un massimo di 65 TIR il cui ingresso, l'assassino terrorista Netanyahu, dichiara di voler bloccare appena l'amico Trump gliene darà il permesso.
Da sempre, nella storia del conflitto di classe e dell’antimperialismo, i nemici del potere vengono definiti terroristi. Ancora oggi la campagna di disinformazione mediatica messa in campo dall'imperialismo Usa e dal sionismo è tale che le stesse parole perdono il loro senso originario collegato a pratiche specifiche, e vengono utilizzate ed enfatizzate nella loro accezione negativa per definire i nemici. Per i "padroni "terrorista" è infatti definita ogni lotta antimperialista, "Terrorista" è ogni lotta di liberazione anti coloniale, "terrorista è ogni lotta contro l'apartheid e il dominio occidentale in ogni parte del mondo.
E infatti terroristi venivano chiamati i partigiani italiani che combattevano contro il nazifascismo - achtung banditen -
Terroristi erano i partigiani algerini giustiziati dalle squadre speciali della "civile Francia repubblicana" del generale De Gaulle a cavallo degli anni '60 che combattevano e morivano per ribellarsi al colonialismo francese.
Terroristi erano i coraggiosi partigiani ebrei sterminati durante la rivolta del "ghetto di Varsavia" 1936 contro l'occupazione nazista.
Terroristi erano gli eroici repubblicani spagnoli supportati dalle compagne e i compagni arrivati da tutto il mondo e inquadrati nelle Brigate di solidarietà internazionale" che combatterono la dittatura nazi-fascista del "generalissimo" Franco dal '36 al '39. Terroristi erano chiamati i partigiani somali, etiopici e libici oppressi che si ribellavano al colonialismo del regime fascista Mussoliniano.
Terrorista era definito Nelson Mandela per la sua lotta contro la discriminazione razziale imposta dal colonialismo britannico. Dopo 27 anni di carcere duro è però diventato il presidente del Sud Africa.
Terrorista erano Fidel Castro, Che Guevara e l'intero popolo cubano in lotta contro il regime corrotto e suddito degli Usa del dittatore Fulgencio Batista.
Terroristi erano i combattenti per la libertà che si ribellarono in Brasile al colpo di stato sostenuto ideologicamente dallo slogan "famiglia, dio, libertà".....
Terroristi i desaparecidos del regime fascista cileno di Pinochet e argentino di Videla.
Terroristi erano le migliaia di persone torturate e uccise nelle carceri del centro e Sudamerica golpista sotto la direzione dei servizi segreti statunitensi.
Terroristi erano i militanti delle Black Panther statunitensi che combattevano contro il razzismo figlio del sistema capitalista.
Terroristi erano i militanti anticolonialisti dell'Angola, del Mozambico, del Portogallo che hanno combattuto contro il colonialismo europeo.
Terroristi erano i movimenti di classe che hanno infiammato l'Italia e l'Europa negli anni '70 contro i piani di ristrutturazione capitalista. La lista dei "terroristi” sarebbe lunghissima ed è stata scritta con sofferenze, sangue e carcere perché terrorista viene definito/a ogni militante antimperialista, anticapitalista, anticolonialista. Come anche qualsiasi stato, popolo, e singoli, non siano schierati con il blocco imperialista occidentale.
In base a questo assunto subordinato agli interessi imperialisti, il siriano Al Jolani prima era terrorista e ora non lo è più. Erdogan è un terrorista quando (a parole) si schiera con la Palestina, ma non lo è quando massacra i Kurdi. L'Arabia Saudita era considerata una centrale terrorista quando supportava finanziariamente Al Qaeda mentre non lo era più quando combatteva contro gli Houthi filoiraniani nello Yemen.
E ancora, l'Iran è terrorista a prescindere mentre (l'alleata) entità sionista Israele, che sta compiendo un genocidio e fa attentati terroristici in tutto il Medio Oriente, invece non lo è. La fotografia dei titoli di apertura di ogni media nazionale è chiara: il cittadino svizzero/iraniano fermato a Fiumicino è un terrorista perché collaboratore con un progetto di costruzione di droni da guerra (così ci dicono) e questo lo rende inviso agli Usa. L'azienda italiana Leonardo che vendeva le bombe all’Arabia Saudita per fare scempio della popolazione yemenita, che progetta e vende armi ad israele, viene invece considerata un fiore all'occhiello dell'industria italiana e fonte di un profitto miliardario sporco di sangue.
Questa è la giustizia imperialista.
Anan Yanesh, un militante della Resistenza palestinese è oggi incarcerato in Italia con l'accusa di terrorismo perché ha legittimamente combattuto in Cisgiordania contro l'occupazione coloniale sionista.
Terrorista viene definito e trattato come tale il dottor Hossan Abu Safiyyeh direttore dell'ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, arrestato con il personale medico e i degenti dell'ospedale dopo essere stato raso al suolo e incendiato dall' "esercito più morale del mondo".
Terrorista è considerata la legittima Resistenza del popolo palestinese che un giorno sarà invece giudicata eroica dal tribunale della storia.
Continuiamo la lotta! Continuiamo ad alzare sempre più forte la voce della solidarietà! Non lasciamo solo il popolo palestinese!
La sua Resistenza al sionismo e all'imperialismo è la nostra Resistenza contro l'ingiustizia!
PER IL DIRITTO ALL'ESISTENZA, ALLA RESISTENZA
AL RITORNO DEI PROFUGHI, ALL'AUTODETERMINAZIONE
DEL POPOLO PALESTINESE!
Con la Palestina nel cuore
Abulhawa
6 marzo 2024 – The Electronic Intifada
In questo momento a Gaza e in Palestina sono le 20:00: è la fine del mio quarto giorno a Rafah e il primo momento in cui ho potuto sedermi in un posto tranquillo per riflettere.
Ho provato a prendere appunti, foto, immagini mentali, ma questo è un momento troppo grande per un taccuino o per la mia memoria in difficoltà. Niente mi aveva preparato a ciò a cui avrei assistito.
Prima di attraversare il confine tra Rafah e l’Egitto ho letto tutte le notizie provenienti da Gaza o su Gaza. Non ho distolto lo sguardo da nessun video o immagine inviata dal territorio, per quanto fosse raccapricciante, scioccante o traumatizzante.
Sono rimasta in contatto con amici che hanno riferito della loro situazione nel nord, nel centro e nel sud di Gaza – ciascuna area soffre in modi diversi. Sono rimasta aggiornata sulle ultime statistiche, sulle ultime mosse politiche, militari ed economiche di Israele, degli Stati Uniti e del resto del mondo.
Pensavo di aver capito la situazione sul campo. Ma non è così. Susan
Niente può veramente prepararti a questa distopia. Ciò che raggiunge il resto del mondo è una frazione di ciò che ho visto finora, che è solo una frazione della totalità di questo orrore.
Gaza è un inferno. È un inferno brulicante di innocenti che boccheggiano in cerca di aria.
Ma qui anche l’aria è bruciata. Ogni respiro irrita la gola e i polmoni e vi si attacca.
Ciò che una volta era vibrante, colorato, pieno di bellezza, possibilità e speranza contro ogni aspettativa, è avvolto da un grigiore di sofferenza e sporcizia.
Quasi nessun albero
Giornalisti e politici la chiamano guerra. Gli informati e gli onesti lo chiamano genocidio.
Quello che io vedo è un olocausto, l’incomprensibile culmine di 75 anni di impunità israeliana per i ripetuti crimini di guerra.
Rafah è la parte più meridionale di Gaza, dove Israele ha stipato 1,4 milioni di persone in uno spazio grande quanto l’aeroporto di Heathrow a Londra.
Scarseggiano acqua, cibo, elettricità, carburante e provviste. I bambini sono privati della scuola: le loro aule sono state trasformate in rifugi di fortuna per decine di migliaia di famiglie.
Quasi ogni centimetro dello spazio precedentemente vuoto è ora occupato da una fragile tenda che ospita una famiglia.
Non è rimasto quasi nessun albero poiché le persone sono state costrette ad abbatterli per produrre legna da ardere.
Non ho notato l’assenza di verde finché non mi sono imbattuta in una bouganville rossa. I suoi fiori erano polverosi e soli in un mondo deflorato, ma ancora vivi.
La discrepanza mi ha colpito e ho fermato l’auto per fotografarla.
la bouganvillea sopravissuta a Gaza (Susan Abulhawa)
Ora cerco il verde e fiori ovunque vada, finora nelle zone meridionali e centrali (anche se nel centro è diventato sempre più difficile entrare). Ma ci sono solo piccole macchie d’erba qua e là e qualche albero occasionale che aspetta di essere bruciato per cuocere il pane per una famiglia che sopravvive con le razioni ONU di fagioli in scatola, carne in scatola e formaggio in scatola.
Un popolo orgoglioso con ricche tradizioni e consuetudini culinarie a base di alimenti freschi è stato ridotto e abituato a una manciata di impasti e poltiglie rimaste sugli scaffali per così tanto tempo che può essere avvertito solo il sapore metallico e rancido delle lattine.
Al nord è peggio.
Il mio amico Ahmad (non è il suo vero nome) è una delle poche persone che hanno Internet. Il segnale è sporadico e debole, ma possiamo ancora scambiarci messaggi.
Mi ha inviato una sua foto in cui sembrava l’ombra del giovane che conoscevo. Ha perso più di 25 kg.
Inizialmente le persone si sono ridotte a nutrirsi di mangime per cavalli e asini, ma è finito. Ora stanno mangiando gli asini e i cavalli.
Alcuni mangiano cani e gatti randagi che a loro volta stanno morendo di fame e talvolta si nutrono dei resti umani che ricoprono le strade, dove i cecchini israeliani hanno preso di mira le persone che hanno osato avventurarsi nel campo visivo dei loro mirini. I vecchi e i più deboli sono già morti di fame e di sete.
La farina è scarsa e più preziosa dell’oro.
Ho sentito la storia di un uomo nel nord che di recente è riuscito a mettere le mani su un sacco di farina (che normalmente costava 7 euro) e gli sono stati offerti gioielli, dispositivi elettronici e contanti per un valore di 2.300 euro. Ha rifiutato.
Sentirsi piccoli
A Rafah le persone si sentono privilegiate nel ricevere farina e riso. Te lo diranno e ti sentirai umiliato perché si offrono di condividere quel poco che hanno.
E ti vergognerai perché sai che puoi lasciare Gaza e mangiare quello che vuoi. Ti sentirai piccolo qui perché non sei in grado di fare davvero nulla per placare il bisogno e la perdita catastrofici e perché capirai che loro sono migliori di te, poiché in qualche modo sono rimasti generosi e ospitali in un mondo che è stato tanto e per così tanto tempo ingeneroso e inospitale nei loro confronti.
Ho portato tutto quello che potevo, pagando il bagaglio extra e il peso di sei bagagli e aggiungendone altri 12 in Egitto. Per me ho portato quello che stava nello zaino.
Ho avuto la lungimiranza di portare cinque grandi sacchi di caffè, che si è rivelato essere il regalo più apprezzato dai miei amici qui. Preparare e servire il caffè ai colleghi di lavoro del luogo in cui mi trovo è la cosa che preferisco fare, per la gioia assoluta che ogni sorso sembra portare.
Ma anche quello presto finirà.
Difficile respirare
Ho assunto un autista per trasferire sette pesanti valigie di rifornimenti a Nuseirat [campo profughi al centro della Striscia, ndt.], e lui le ha trasportate giù per alcune rampe di scale. Mi ha detto che portare quelle borse lo faceva sentire di nuovo umano perché era la prima volta in quattro mesi che andava su e giù per le scale.
Gli ha ricordato di quando viveva in una casa invece che nella tenda dove ora abita.
È difficile respirare qui, letteralmente e metaforicamente. Una foschia immobile di polvere, degrado e disperazione intride l’aria.
La distruzione è così massiccia e persistente che le particelle sottili della vita polverizzata non hanno il tempo di depositarsi. La mancanza di benzina ha portato le persone a riempire le loro auto di stearato, olio esausto che ha una combustione sporca.
Emette un odore particolarmente sgradevole e una pellicola che si attacca all’aria, ai capelli, ai vestiti, alla gola e ai polmoni. Mi ci è voluto un po’ per capire la fonte di quell’odore pervasivo, ma è facile riconoscere gli altri.
La scarsità di acqua corrente o pulita compromette l’igiene di chiunque di noi. Tutti fanno del loro meglio nella cura di sé stessi e dei propri figli, ma a un certo punto smetti di farci caso.
Ad un certo punto l’umiliazione della sporcizia è inevitabile. Ad un certo punto aspetti semplicemente la morte, proprio come aspetti anche un cessate il fuoco.
Ma la gente non sa cosa farà dopo il cessate il fuoco.
Hanno visto le foto dei loro quartieri. Quando vengono pubblicate nuove immagini provenienti dall’area settentrionale le persone si ritrovano insieme per cercare di capire di quale quartiere si tratti, o da chi fosse la casa ridotta in quel cumulo di macerie. Spesso questi video provengono da soldati israeliani che occupano o fanno saltare in aria le loro case.
Cancellazione
Ho parlato con molti sopravvissuti estratti dalle macerie delle loro case. Raccontano quello che è successo con espressione impassibile, come se non fosse capitato a loro; come se sia stata sepolta viva la famiglia di qualcun altro; come se i loro corpi straziati appartenessero ad altri.
Gli psicologi dicono che si tratta di un meccanismo di difesa, una sorta di intorpidimento della mente finalizzato alla sopravvivenza. La resa dei conti arriverà più tardi, se sopravvivranno.
Ma come si può affrontare la perdita dell’intera famiglia, mentre si osservano i corpi disintegrarsi tra le macerie e si avverte l’odore, mentre si attende il salvataggio o la morte? Come si fa a considerare la cancellazione totale della propria esistenza nel mondo: la casa, la famiglia, gli amici, la salute, l’intero quartiere e il paese?
Nessuna foto della tua famiglia, del tuo matrimonio, dei tuoi figli, dei tuoi genitori; anche le tombe dei tuoi cari e dei tuoi antenati sono state rase al suolo. Tutto questo mentre le forze e le voci più potenti ti diffamano e ti incolpano per il tuo miserabile destino.
Il genocidio non è solo un omicidio di massa. È una cancellazione intenzionale.
Di storie. Di ricordi, libri e cultura.
Cancellazione delle risorse di una terra. Cancellazione della speranza in e per un luogo.
Cancellazione come impulso alla distruzione di case, scuole, luoghi di culto, ospedali, biblioteche, centri culturali, centri ricreativi e università.
Il genocidio è la demolizione intenzionale dell’umanità di un altro. È la riduzione di un’antica società orgogliosa, istruita e ben funzionante a oggetti di carità privi di mezzi, costretti a mangiare l’indicibile per sopravvivere; vivere nella sporcizia e nella malattia senza nulla in cui sperare se non la fine delle bombe e dei proiettili che piovono sui loro corpi, sulle loro vite, sulle loro storie e sul loro futuro.
Nessuno può pensare o sperare in ciò che potrebbe accadere dopo un cessate il fuoco. Il massimo possibile delle loro speranze, in questo momento, è che i bombardamenti cessino.
È il minimo che si può chiedere. Un minimo riconoscimento dell’umanità dei palestinesi.
Nonostante Israele abbia tagliato l’energia e Internet i palestinesi sono riusciti a trasmettere in streaming l’immagine del loro stesso genocidio a un mondo che permette che questo vada avanti.
Ma la storia non mentirà. Ricorderà che nel 21° secolo Israele ha perpetrato un olocausto.