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Comunicato di adesione al corteo del 1° maggio indetto dal Sicobas – 1°maggio internazionalista a Milano contro guerra riarmo e sfruttamento di classe – PALESTINA LIBERA

Con questo comunicato diamo la nostra adesione al corteo del 1° maggio internazionalista indetto dal Sicobas partecipando nello spezzone palestinese.

PER UN 1°MAGGIO INTERNAZIONALISTA

  • No alla guerra imperialista!  
  • No al riarmo! No al nazionalismo!
  • Basta precarietà di lavoro e di vita. Basta sfruttamento di classe!
  • FERMIAMO IL GENOCIDIO!

A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE E LA SUA RESISTENZA!

1° maggio 1886 – La rivolta di Chicago: SCIOPERO GENERALE AD OLTRANZA!                          

Per estendere la giornata lavorativa di 8 ore a tutti gli Stati Uniti, fu indetto uno sciopero generale dei lavoratori attaccato dalla polizia che sparò sulla manifestazione uccidendo e ferendo molti lavoratori.  La strage di Haymarket Square avvenne il 4 maggio quando la polizia apri ancora il fuoco sugli operai in sciopero che manifestavano contro la strage, provocando un alto numero di vittime anche tra gli aguzzini in uniforme. Dopo l’aggressione poliziesca vennero arrestati 8 dirigenti sindacali dei quali 4 vennero condannati a morte. Queste sono le parole profferite prima di morire dal compagno August Spies: «Vostro onore, la mia difesa è proprio la sua accusa, miei presunti crimini sono la mia storia… Può condannarmi, però almeno che si sappia che nello Stato dell’Illinois otto uomini furono condannati per non abiurare la loro fede nel trionfo finale della libertà e della giustizia» 

Abbiamo riportato questa brevissima ricostruzione storica per ricordare le radici di questa ricorrenza, per far capire che ancora dopo 139 anni non abbiamo nulla da festeggiare. Ma anche per avere la consapevolezza che la nostra storia come classe lavoratrice arriva da lontano. Siamo noi il motore della storia mentre  quando il padronato avanza è perché abbiamo perso la nostra identità di classe e accettiamo il ruolo impostoci di singole e singoli in vendita sui banconi del supermercato capitalista. Riprenderci la nostra identità collettiva e l’orgoglio di sapere da dove veniamo e dove vogliamo andare è il primo passo per l’emancipazione dal lavoro salariato. Usando l’analisi “dialettica” delle contraddizioni reali come strumento per comprendere le trasformazioni epocali, economiche e sociali, che abbiamo attraversato e che stiamo attraversando ancora oggi.  Con la capacità di comprendere l’importanza di unificare e ricomporre in un unico fronte di lotta ogni sfruttato e sfruttata nella tuta blu dell’operaio tradizionale, insieme ai diversi soggetti schiavizzati nei mille rivoli in cui si è scomposta la produzione capitalista di beni e merci fino alle periferie e le marginalità sociale delle metropoli imperialiste.

Un fronte di classe che sappia essere e indicare un’alternativa di società. Di questo abbiamo bisogno per incidere realmente sulla realtà e, per fare questo, abbiamo bisogno di una soggettività collettiva in grado lavorare per unificare i conflitti senza indulgere nella propria autorappresentazione settaria.

Guardiamo ora la realtà come essa è ripulendola dai lustrini della rappresentazione di benessere diffuso che i governi delle diverse borghesie ci forniscono. Il La società capitalista nel suo complesso, il modo di produzione capitalistico basato sulla massimizzazione dei profitti, della concorrenza, dei consumi e sullo sfruttamento di donne, uomini umani e il saccheggio e la devastazione del pianeta è in una fase di profondissima crisi economica che si riverbera anche nel decadimento dei rapporti sociali e umani da essa prodotti. L’ (ex) opulento occidente è, in estrema sintesi, attraversato da disoccupazione, sfruttamento intensificato, precarietà, flessibilità di vita, lavoro poverissimo e aumento esponenziale della “marginalità sociale” incrementato dall’inflazione a fronte di un arricchimento esponenziale per i grandi gruppi monopolistici, e fame nei paesi con un basso tasso di cosiddetto “sviluppo economico”. Questo modello di società ci sta chiaramente indicando una strada. La strada di una sempre più aggressiva concorrenza/ guerra economica tra capitalismi nazionali aggregati in blocchi imperialistici che, in fase di crisi si trasforma in guerra praticata con le armi. Ricordiamo che, dopo il “Big Crash” il famoso martedì nero del 29 ottobre del 1929, lo scoppio della bolla finanziaria che fece cadere la Borsa di New York, vennero imposti dei dazi dell’oltre il 20 % a cui decine di paesi nel mondo riposero con contro-dazi con il risultato di un crollo dell’economia Usa, generalizzata a livello mondiale e che questi furono tra i presupposti della Seconda guerra mondiale.

A parte le guerre di Liberazione e le rivoluzioni sociali, non esistono motivi “buoni” per le guerre capitaliste. Non esiste etica nella guerra imperialista. Non esistono guerre di civiltà e le Crociate, con l’utilizzo della religione per convincere i popoli a diventar carne da macello, hanno molto da insegnare anche oggi. Lo stesso nazismo fu solo una feroce sovrastruttura ideologica per motivare e “armare” le masse tedesche ancora devastate dopo la Prima guerra mondiale, indicando un “nemico” da annientare perché “responsabile” della loro miseria, della loro fame e dell’orgoglio nazionale calpestato con la sconfitta militare. E questa “distrazione di massa”, questo razzismo di stato non è mai cambiato nella storia più recente con il tentativo di ammantare di una presunta dignità le guerre sanguinarie di rapina e aggressione imperialista chiamandole, volta per volta, “guerre umanitarie”,esportazione di democrazia”. Tutto per il profitto capitalista.    

 Agente Orange: “erbicida” altamente cancerogeno impiegato nei bombardamenti come defoliante sulle foreste dove si nascondevano i soldati vietcong, secondo gli esperti l’agente orange ha influito a livello genetico sulle generazioni successive. Dal 1965 al 1970, nel Sud del Vietnam gli Stati Uniti hanno scaricato oltre 43 milioni di litri di agente Orange e circa 150mila bambini sono nati con problemi provocati da questa sostanza

Milioni e milioni di morti dal secondo dopo guerra ad oggi per santificare l’egemonia globale dell’imperialismo Usa. Guerre sanguinose indifferentemente scatenate per “fermare il comunismo”, per stringere ancora di più le catene e piegare agli interessi economici e geopolitici (risorse energetiche ed egemonia su aree fondamentali per il flusso di merci e risorse) dell’occidente molte popolazioni e governi sia con un’impostazione antimperialista sia certamente non esempi di “comunismo” ed uguaglianza sociale, però ugualmente colpevoli di non accettare il ruolo di subalternità assegnatoli dal neocolonialismo occidentale. Corea, Vietnam, Panama, Cuba (la tentata invasione a Baia dei porci), Grenada, Somalia, Bosnia, Kosovo, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria.

Governo Meloni cane da guardia dell’imperialismo occidentale e servo del capitalismo nazionale.

Tutti i diversi governi italiani di centro destra o del cosiddetto centro-sinistra sono stati fedeli esecutori dei piani di egemonia del blocco imperialista (Usa-Nato) occidentale. Nessuno escluso. Il governo Meloni sta oggi facendo a gara con il precedente governo Draghi nell’inchino ossequioso all’assassino di turno seduto sullo scranno della Casa Bianca.    

Un governo fascio/liberista che, dal punto di vista economico, è espressione diretta degli interessi del capitale e che, misere mancette per il consenso a parte, ha prodotto un abbassamento dei livelli salariali, ha direttamente intaccato il loro potere d’acquisto, ha ulteriormente precarizzato le condizioni di vita e aumentato esponenzialmente la condizione del “lavoro povero” con la conseguenza di dilatare il numero delle famiglie che vivono sotto il livello di povertà.                                                                                    Un governo che, dal punto di vista politico/economico, ha sposato in pieno la logica del riarmo come strategia e leva economica per ricostruire i margini di profitto per un sistema economico in crisi. Armi dunque non solo funzionali alla tendenza alla guerra come sbocco alla sempre maggiore aggressività della concorrenza finanziario/produttiva tra blocchi imperialisti ma incremento esponenziale della produzione nel comparto bellico come strada per un nuovo processo di valorizzazione del capitale.  Un governo che, dal punto di vista politico/ideologico, mette da parte doppio petto iperliberista del capitalismo avanzato e mostra invece il suo profondo cuore nero, la sua subcultura fascistoide, la sua avversione per ogni diversità e la sacra difesa dei privilegi di classe fino a criminalizzare la condizione di povertà di chi è stato espulso dal ciclo produttivo e di conseguenza dall’accesso ad un salario, ad una casa, ai diritti fondamentali di ogni essere umano. Un governo nazionalista e bellicista funzionale ad una svolta autoritaria che sta svuotando dall’interno le stesse cosiddette istituzioni democratiche cancellando passo dopo passo giorno le libertà (solo) formalmente garantite dalle “democrazie liberali” esautorando il parlamento della sua nominale funzione di controllo dell’esecutivo. Un salto di paradigma epocale che sta trasformando il sistema di governo liberal/borghese in “comando” diretto del dominio di classe.

La stessa trasformazione urgente del Disegno di legge 1660 in un immediatamente operativo Decreto-legge Sicurezza per evitare eventuali correzioni nel dibattito parlamentare, sottolinea la gravità della situazione da cui non possiamo uscire come opposizione di classe appellandoci alla difesa della “democrazia borghese” o delle “istituzioni democratiche”  ma, anche in questo caso, investendo la classe, i lavoratori e le lavoratrici sfruttate, della responsabilità di contrapporsi a questo processo di trasformazione autoritaria dello stato. Non quindi lotta di avanguardie che si difendono dalla repressione, ma aggregazione di massa contro un processo preventivo di inserimento di elementi di fascismo di stato per annientare una possibile e auspicabile opposizione contro la tendenza alla guerra e alle sue implicazioni dal punto di vista economico e ideologico. Da questo punto di vista il corteo di Milano di febbraio è stato un ottimo risultato, una base di convergenza e una capacità positiva di allargamento del fronte, ma serve fare un ulteriore passo in avanti, affinando la comprensione della realtà e costruendo confronto e organizzazione.

E arriviamo alla quotidianità e alla normalizzazione della guerra e del genocidio palestinese.

Un’ attualità in cui diversi imperialismi (diversi anche per peso e struttura) si combattono sulla pelle del popolo ucraino. In cui il peso del colonialismo di rapina statunitense caratterizza le opzioni di “pace” in accordo con l’imperialismo militare russo per spartirsi zone di influenza e per far finire una guerra diventata ormai solo dispendio di energie da rivolgere invece verso la Cina in quanto nemico ben più invasivo e confliggente dal punto di vista finanziario e produttivo.

Una quotidianità in cui lo stillicidio della brutalità genocida dell’entità sionista Israele è in diretta e sotto gli occhi del mondo intero.Abbiamo veramente già scritto e detto molto sulle origini e le motivazioni ideologiche ed economiche suprematiste/colonialiste di questo olocausto palestinese in continua progressione. Per non ripeterci sui tratti generali ci sentiamo ora solo di segnalare l’ultima strage di questa notte in una mensa al campo profughi di Al-Nuseirat indirizzando per l’aggiornamento dell’orrore e le ultime proposte per una possibile trattativa della Resistenza, verso la lettura delle pagine dei numerosi siti di informazione come Pagine Esteri, Infopal e altri. In particolare, invitiamo alla lettura di un puntuale e toccante articolo/testimonianza sulla situazione dei detenuti palestinesi nei campi di sterminio sionisti:

Sulle mobilitazioni del sabato a Milano. Parliamo di quello che vorremmo fosse la solidarietà.

Qualcuno/a si è stancato/a e questo può accadere, qualcuno/a sbagliando per stanchezza o demoralizzazione davanti ad uno sterminio senza fine giudica superflue, quasi inutili, qualcuno/a sbagliando le giudica superficiali probabilmente proiettando la propria immagine su uno specchio. Qualcuno/a le considera una ritualità ma probabilmente le ha viste raramente e da lontano. Qualcuno le considera una passerella politica. Noi invece crediamo che le mobilitazioni del sabato milanese siano l’ossatura del movimento di solidarietà al popolo palestinese e la sua Resistenza. Un grido forte e condiviso, un messaggio potente di solidarietà. Dal genocidio di Gaza, dalla pulizia etnica e dai campi profughi distrutti della Cisgiordania, arrivano messaggi che invitano a proseguire, che dicono che vedere le foto e filmati dei cortei milanesi mai interrotti è un piccolo grande aiuto che fa sentire meno soli. Un piccolo grande messaggio di solidarietà che forse aiuta a rendere più leggero il peso di sopportare la disumanità quotidiana che falcia vite di famigliari e amici, che forse solleva e aiuta ad affrontare le enormi, orribili e per noi probabilmente incomprensibili, difficoltà dell’esistenza quotidiana in una Gaza diventata un campo di sterminio. Dove è un’impresa sovrumana trovare giorno dopo giorno acqua potabile, cibo, protezione, cura.

Il richiamo alla calda umanità di queste voci è per noi altrettanto forte dell’odio razionale che proviamo per la disumanità dell’imperialismo e del sionismo. Pari all’odio che sentiamo per l’ingiustizia e la divisione in classi su cui si fonda il capitalismo. Altrettanto forte e importante dello sforzo razionale di analisi (speriamo) compiuta che proviamo a produrre settimana dopo settimana dal 7 ottobre 2023. L’uno senza l’altra sarebbero poca roba.

Non lasciamo solo il popolo palestinese e la sua Resistenza.

Il primo maggio ancora tutte e tutti in piazza per la giornata internazionalista, per la solidarietà tra i popoli contro imperialismo, capitalismo e sionismo.                                

Contro guerra e riarmo. Contro precarietà e sfruttamento di classe!                                               

No allo stato di polizia!                                                                                                        

Per il diritto al lavoro/salario, alla casa, alla cultura ad una sanità universalistica.        

Per una società di liberi/e e uguali senza più classi né sfruttamento!

Per il ritiro immediato delle truppe d’occupazione. Per un cessate il fuoco immediato e duraturo. Per il libero accesso di aiuti umanitari alla popolazione stremata da fame e sete. Per il ritorno dei profughi. Per la libera autodeterminazione del popolo palestinese.

Con la Palestina nel cuore!

Le compagne e i compagni del Csa Vittoria

info@csavittoria.org – csavittoria.org

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