Considerazioni sulle passeggiate no-greenpass (no-vax) di Milano e dintorni considerate da un punto di vista di classe. Un appello alla trasparenza delle idee e al coraggio della coerenza.

Inviato da redazione il Ven, 05/11/2021 - 14:47
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assassini

Chi ci conosce, chi ci segue e ci legge (amici e non) sa come non ci difetti il coraggio delle nostre posizioni, senza alcuna presunzione ma, anzi, con il massimo di umiltà dettata dalla volontà di comprendere le evoluzioni del presente e confrontarci sempre a tutto campo senza però correre dietro, a prescindere, a presunte novità.

E proprio per questo che pensiamo che tutti noi, tutti quelli di noi che hanno scelto per la loro vita personale e politica di stare dalla parte giusta della barricata, dovremmo averne viste abbastanza (di "novità") da avere gli anticorpi sufficienti per saperli interpretare e calarli/calarci nella realtà senza prendere abbagli.

Abbiamo deciso di mettere nero su bianco qualche considerazione su questa ventata di irrazionalità perché cogliamo che anche da questa parte della barricata (ad esempio il corteo a Milano dello sciopero generale dell’11 ottobre) ci sia purtroppo un approccio non abbastanza deciso nel contrastarla.

Dovremmo infatti dedicare ogni nostro sforzo per provare a superare la nostra debolezza e un diffuso senso di inadeguatezza e impegnarci con coerenza, tenendo la barra a dritta, ad un incremento del lavoro politico di massa, alla ricostruzione di riferimenti ideologici, a contribuire alla formazione di punti di riferimento stabili e di classe nei luoghi di lavoro e in ogni territorio e ad intervenire su terreni di sconto più consoni ad una prospettiva di trasformazione rivoluzionaria del presente piuttosto che dar spazio al "virus" del giustificazionismo (“basta che qualcosa si muova”), che non nasce certo oggi con le piazze no-green pass/no vaccini.

Dalle giustificazioni più o meno velate concesse a quello che qualcuno ha considerato una sorta di leghismo di "sinistra" e alla protesta del "popolo" contro il "potere": un potere poco definito da queste giustificazioni, ma un potere con però mille facce, senza nome e senza matrice di classe, dalle multinazionali ai ... "terroni", da Roma ladrona, allo stato ladro alle tasse all'odio contro gli immigrati.

Alla sbandata di qualcuno per il "popolo" dei 5 stelle contro la "casta", i furbetti dei privilegi, l'interclassismo di una protesta che nasceva certamente come riposta alla crisi e alla corruzione della democrazia parlamentare borghese ma che, imperniata sul qualunquismo, ha prodotto un’alleanza di governo con la destra xenofoba e razzista della Lega.  Populisti "antisistema" (mai anticapitalisti) nella forma, ma al massimo apologeti di un capitalismo (partecipativo?) nella sostanza.

E poi ancora i forconi con i loro contenuti corporativi e la sua direzione più o meno esplicitamente fascista, poi la meteora dei gilet jeune, (con l'occhio rivolto a questo fenomeno nel suo complesso e non a qualche sua parte minoritaria che si è posta a sinistra) con il loro interclassismo diventato proposta politica.

Per arrivare a oggi, ove anche le possibili preoccupazioni di qualche libero pensatore sulla "tenuta democratica" e sulle oggettive modificazioni dello stato di diritto (borghese, non dimentichiamolo mai, e infatti noi parliamo da anni di una progressiva trasformazione in una forma di  democrazia autoritaria di cui i decreti Salvini sono esempio concreto di repressione antiproletaria) sono solo prese a pretesto e travolte dall'ondata no-vax.

Un'ondata culturalmente e politicamente reazionaria, cavalcata strumentalmente dalla destra neofascista di piazza (l’assalto squadrista alla CGIL ne è un esempio lampante) ma coccolata senza indugi dalla destra di opposizione e di governo ed esasperata dai media, anche per far risaltare la capacità e il decisionismo del "grande timoniere" Draghi.

Un'ondata sospinta da un falsa accezione del concetto di "libertà", che viene tradotto quale gretto e ottuso arroccamento di ognuno all’interno del proprio personale castello di paure ancestrali, per non ridurla ad una mera manifestazione di complottismo e, in sostanza, da un dichiarato antagonismo alla scienza comunque sia, dei padroni o meno, e ancor di più da una "visione" del rapporto uomo/scienza pre- illuministica e strutturalmente illogica, irrazionale e oscurantista.

Che questo accada dopo più di un anno di informazioni contraddittorie e di una criminale gestione capitalistica della pandemia (una per tutti la mancata chiusura della bergamasca), in un quadro generale che evidenzia il distacco oggettivo dalle istituzioni viste come lontane dal "popolo" (...e questa è sociologia televisiva) è un dato evidente ma non sufficiente a spiegare quello che vediamo.

C'è stato un esplodere, un via libera, al sentirsi protagonisti della propria paura come frutto avvelenato di un populismo, come gregge e insieme di individualismi, che aspirano alla soddisfazione dei propri bisogni esclusivamente, appunto, personali, senza alcuna ricerca di una prospettiva e risposta collettiva (e di classe) alle proprie contraddizioni, proprio perché il terreno “vaccini si vacccini no, green pass si o no” è assolutamente estraneo alle contraddizioni di classe, anche al vaglio di una generosa e benevola analisi dialettica alla ricerca di possibili contraddizioni sovrastrutturali.

Capiamoci bene, non siamo aristocratici che esprimono giudizi dall'alto del proprio scranno. Comprendiamo, abbiamo condiviso e condividiamo la rabbia di molti lavoratori, come gli operai della logistica, costretti a lavorare e morire durante il lockdown, senza alcuna protezione, senza controllo e distanziamenti, senza tracciamenti e sanificazioni. Lavoratori sfruttati come schiavi, mentre l'Italia cantava e suonava sui balconi, ordinando su Amazon le corde della chitarra. Comprendiamo benissimo chi tra loro ora dice che chi ci ha condannato a lavorare durante la pandemia, oggi vuole voltare pagina e ci vuole ancora tutti a lavorare con un certificato vaccinale diventato invece una malevola coperta per coprire il disinteresse assoluto di ogni protocollo.

Comprendiamo bene la rabbia ma il problema di oggi è contro chi e cosa vada indirizzata.

Siamo assolutamente convinti che quando pezzi di proletariato si riversano nelle piazze diventando soggetto o oggetto di manovra di questi movimenti, sia sempre un dovere per ognuno di noi, volta per volta, interrogarsi sulle radici, sulle possibili matrici di classe di queste, sulle possibili prospettive, i possibili effetti e sul come eventualmente poterli intercettare e dare loro un'indicazione di percorso in un senso anticapitalista. Siamo però anche assolutamente convinti di quanto sia errata la spinta ad "esserci" a prescindere, appena si mettono in moto dinamiche di massa, per la paura di ... perdere il treno della storia.

In questo senso all'inizio della pandemia ci siamo posti il problema, una volta interpretata questa non come inevitabile calamità naturale, ma come prodotto oggettivo della devastazione ambientale capitalista e dalla sua criminale fame di profitto, quali sarebbero stati gli effetti a lunga durata dei provvedimenti di lockdown applicati (non a tutti) e dei possibili anzi probabili sottoprodotti, oltre all'obiettivo di fermare la circolazione del virus, di irregimentazione, di subordinazione, dell'abitudine all'obbedienza, di cooptazione nei meccanismi di produzione del comando e dello sfruttamento capitalista.

Abbiamo denunciato e continuiamo a denunciare la rimozione storica delle ragioni della pandemia, delle responsabilità del capitalismo e del suo sistema economico centrato sul profitto e sullo sfruttamento di uomini e donne e della natura, con le sue relazioni sociali devastate dall'arroganza dell'individualismo, dall'acquiescenza al potere e dalla reificazioni di ogni rapporto.

Siamo scesi in piazza con migliaia di lavoratori e lavoratrici, compagni e compagne in tutta Italia, contro la strage pandemica dovuta alle criminali scelte confindustriali e governative, denunciando l’incapacità di affrontare lo tsunami pandemico di un sistema sanitario e di un welfare già ridotto volontariamente allo stremo. Impoverito dai tagli e trasformato in azienda, saccheggiato dallo spostamento di investimenti sul privato concentrato sul profitto e non sulla garanzia di un diritto inalienabile alla salute e alle cure.

Abbiamo persino anche riso davanti alle perplessità sul tracciamento di un (questo sì) popolo che ha spostato la propria vita sui canali social, utilizzandoli come guida e baricentro esistenziale, per poi parlare di rispetto della privacy ... ma questa è sociologia e analisi della psicologia di massa e non è il nostro campo.

Il primo dato necessario per affrontare la realtà è il comprendere e riconoscere che siamo davanti ad una pandemia (sindemia) mondiale, con effetti a lungo termine che nessuno ancor oggi è in grado di prevenire inclusi gli "scienziati borghesi" che, proprio perché al servizio del profitto, avrebbero tutto l'interesse a trovare cure efficaci per un ritorno al lavoro (e allo sfruttamento di classe) senza più intoppi.

L'altro dato necessario e fondamentale è la capacità dialettica di perseguire un'autonomia di analisi e di percorso senza farci chiudere in un angolo tra l'autoassoluzione del vaccinismo governativo e l'ondata reazionaria del no vax. Senza incorrere in alcun giustificazionismo, ma per il semplice dato che chi ci vuole sani per lavorare è interessato appunto a tenerci sani finché produttivi, e sarebbe veramente "poco sensato" ammalarsi o infettare solo per danneggiare il padrone in attesa della prossima pandemia a cui il sistema capitalistico, per il suo oggettivo incedere, ci condanna inesorabilmente. Al pari riteniamo assolutamente ipocrita qualsiasi conferenza, come  la cop 26, nel quale lo stesso sistema capitalistico dovrebbe, negando se stesso e le proprie finalità, rimediare alla devastazione e al saccheggio che accompagnano la ricerca del profitto a ogni costo.  

Ci domandiamo invece come oggi si possa, da anticapitalisti, considerare un elemento di positività anche solo "progressiva" le piazze no vax mascherate più o meno da no-greenpass.

Entriamo certamente in un abisso di irrazionalità, per usare un eufemismo, nel momento in cui si arriva a pensare che l'importante è schierarsi a prescindere"contro", anche quando la fotografia plastica di quella piazza, di ciò che la muove e di ciò che esprime, non solo ci dice che è reazionaria, anche solo dal punto di vista culturale e pre-politico, ma che probabilmente produrrà effetti estremamente pericolosi per la possibile produzione di percorsi di rottura realmente anticapitalista e liberticida.

Per quello che vale ci domandiamo persino quali siano le motivazioni recondite per una possibile partecipazione di compagni a quelle piazze e quali siano oggettivamente le ragioni.

Ci domandiamo se sia senso di impotenza, fretta di trovare scorciatoie oppure perdita di ogni riferimento ideologico (questo è certo). Una malsana voglia di ritagliarsi una visibilità di piazza per l' inconsistenza della propria proposta politica? Estremismo malattia infantile del comunismo? (troppo onore) Ricerca del nemico a tutti i costi per l'incapacità di sviluppare analisi e consegnarsi alla fatica del presente dimenticando, perché più difficili e strutturali, le grandi battaglie che dovremmo e che stiamo anzi combattendo?

E' certamente più facile dare sfogo, in un ambito di isteria collettiva, alle proprie pulsioni viscerali prodotte unicamente dalla paura di vaccinarsi e urlare in piazza contro il green pass, che comprendere come questa sia solo un'arma potente che sta causando una distrazione di massa con la depoliticizzazione delle lotte  e conseguentemente organizzarsi in tutti i posti di lavoro e bloccare la produzione perché si rispettino i protocolli anticovid, per denunciare la mancanza di controlli sanitari, del rispetto delle distanze, delle protezioni individuali, per affrontare una lotta dura affinché tutta la popolazione mondiale abbia accesso al vaccino che salva le vite, per la liberalizzazione dei brevetti e il finanziamento della produzione autonoma in ogni pare del mondo.

Per affrontare ogni possibile livello di conflitto nei luoghi di lavoro e di studio con la capacità e soprattutto la volontà di generalizzarlo e portarlo nei territori per aumentarne il peso e il consenso di massa, per dargli una connotazione più politica e complessiva. Come strumento per uscire dall’evidente isolamento in cui le opzioni coerentemente anticapitaliste oggi si trovano nonostante i grandi cicli di lotte avvenute in questi anni. Per ricostruire processi di confronto che portino ad iniziative realmente unitarie in ogni territorio a partire dalle contraddizioni che ogni lavoratore vive nel posto di lavoro e nella società nel suo complesso.

Ci permettiamo ora una punta di polemica, ci togliamo un sassolino dalla scarpa, nei confronti di  chi preferisce invece camminare a fianco di chi inneggia a Bolsonaro, al “giù le mani dai bambini” (???), a pagliacci televisivi in cerca di visibilità, alla bandiera "rivoluzionaria" di Qanon o della bandiera della Romania come notoria immagine di libertà ... per non parlare delle organizzazioni neofasciste che ovviamente si buttano in quest'avventura perchè è quello il mare di una vandea qualunquista di destra dove loro possono nuotare.

Questa è solo una facile semplificazione in risposta a chi sostiene che se non sei schierato contro il green pass in quanto tale stai dalla parte dei padroni. Ma lasciamo questi idioti politici a crogiolarsi nel proprio infantilismo, questo sì la quintessenza della radicalità, che però, ed è questo il vero dato negativo, rende impossibile un confronto ora e in futuro perché manca il presupposto della condivisione di evidenti dati oggettivi.

Ed è qui che crediamo possa vincere la borghesia, con questa arma di divisione e distrazione di massa se non ci si ferma a riflettere e fotografare la realtà da un punto di vista materialista.

Perchè siamo certamente convinti che, con il superamento della grande fabbrica e il consolidarsi dei mille rivoli e lavori nella produzione postfordista, ci siano percorsi non "lineari" di ribellione e d'acquisizione di coscienza di un proprio possibile ruolo anche da un punto di vista di classe.

Una presa di coscienza a partire da contraddizioni sovrastrutturali quali, ambiente, cultura, contraddizioni di genere, apartheid etnico e ogni elemento che ponga delle contraddizioni che possano divenire terreno di intervento politico per chi si pone da un punto di vista anticapitalista.

Ma l'individualismo e l'irrazionalità non sono tra questi.

Per andare avanti e provare a modificare i rapporti di forza a partire da contraddizioni reali. Per una società di liberi e di eguali.

Il capitalismo non si riforma si abbatte!

 

I compagni e le compagne del Csa Vittoria

www.csavittoria.orginfo@csavittoria.org

 

adil