29 APRILE - 1° MAGGIO: PROSSIME INIZIATIVE. SOSTENIAMO LA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE!

Inviato da redazione il Sab, 27/04/2024 - 22:48
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25 aprile - Un sintetico commento sulla giornata del 25 aprile : Crediamo che sia stata  complessivamente un'ottima giornata di mobilitazione che ha posto la Palestina e la sua Resistenza al centro della giornata nelle diverse forme espresse in piazza anche a livello nazionale.Siamo convinti che, nel rispetto dell'indicazione della massima unità che ci arriva dalla Palestina e nel rispetto dei diversi ruoli e specificità, sia necessario uno sforzo maggiore di mobilitazione di tutte e tutti, strutture politiche e sociali e di ogni singol@, a tutti i prossimi momenti di piazza in solidarietà al popolo Palestinese, per opporci al suo Genocidio e per la sua libera Autodeterminazione nell'avvicinarsi del criminale attacco finale - la Soluzione Finale - del sionismo israeliano a Gaza e in Cisgiodania.
 
29 aprile - Appuntamento ore 18,30 in Piazzale Dateo in occasione della ricorrenza dell'agguato mortale, il 27 aprile del 1976, al  giovane militante antifascista e internazionalista Gaetano Amoroso, da parte di militanti del MSI Movimento Sociale Italiano ( partito da cui provengono Ignazio La Russa e la stessa Giorgia Meloni). Deposizione corona alla lapide di Gaetano e Assemblea di piazza contro guerra e fascismi vecchi e nuovi.
 
1° maggio - Corteo anticapitalista e antimperialista dei sindacati di base con concentramento in Porta Venezia ore 14,30 a cui parteciperemo nello spezzone delle Comunità e delle Associazioni palestinesi con questi contenuti e parole d'ordine:

E’ ormai innegabile che il progressivo allargamento e l’intensificazione dei conflitti bellici nello scenario internazionale rappresenti, oltre che la diretta conseguenza, anche la possibile via di uscita dalla crisi capitalistica scelta dall’imperialismo atlantista. O quantomeno, in una fase di competizione esacerbata dal consolidarsi di nuovi blocchi e di uno scontro interimperialistico non più limitato al piano economico/finanziario, l’escalation bellica è vista dall’occidente (USA e UE in testa) come l’accettabile e razionale opzione per difendersi dall’erosione di quote di mercato e di profitto e garantirsi le risorse necessarie per possibili nuovi cicli di accumulazione.

A tal fine, con la consapevolezza di tale assunto, il capitale sta gettando le basi per la ristrutturazione in forme aggiornate di politiche di “keynesismo militare” nelle quali quote crescenti di spesa pubblica verranno dirottate a sostegno del complesso militare-industriale. Un incremento di risorse a favore della spesa militare che, sebbene sia in corso da almeno un decennio, sta ora procedendo a ritmi sempre più serrati (la Banca Mondiale ha calcolato che l’aumento della spesa militare italiana è pari al 25%).

Una forma di sostanziale “economia di guerra” “in cui la corsa al riarmo è vista anche quale potenziale impulso alla complessiva crescita dell’intero sistema produttivo, permettendo la temporanea uscita dalle secche della recessione produttiva in cui è impantanata la residua industria europea ed occidentale (in primis e non a caso, Germania e Francia che con previsioni di crescita ridicole sono lanciate nella corsa al riarmo e nel sostegno all’escalation in Ucraina).

La riduzione dei margini di profitto determinati dalla competizione mondiale e dalla crisi strutturale, evidenziando l’intima tendenza alla guerra del capitalismo per superare le proprie contraddizioni, impone pertanto alle borghesie nazionali delle potenze imperialiste di essere anche pronte ad affrontare a un livello più complessivo dell’attuale, se non globale, il conflitto.

Evocative, se non esemplificative, sono quindi le dichiarazioni belliciste e interventiste di Von Der Leyen, di Cingolani (Amministratore Delegato di Leonardo Spa, società pubblica nel settore della difesa), di Macron e del redivivo Draghi che auspica il deciso ricompattamento e l’integrazione politico-militare ed economico della UE per affrontare la concorrenza esterna anche con i propri alleati atlantici che, da un lato, sono prospetticamente sempre più proiettati nel Pacifico e, dall’altro, applicano pratiche reinternalizzazione e di aggressive politiche protezioniste per accorciare a proprio esclusivo favore (e dei paesi subordinati) le catene del valore.

Una politica che non potrà che incrementare i venti di guerra che già soffiano impetuosi che, peraltro, il congresso USA alimenta con l’approvazione di un pacchetto di 95 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina (con la segreta consegna anche di missili a lunga gittata per cercare di limitare l’avanzata russa), Taiwan e Israele (che dopo la risposta iraniana al criminale bombardamento della ambasciata a Damasco necessita di ripristinare il sistema di protezione “Iron Dome”) e per rifornire le armi, le scorte e le strutture statunitensi (per 23 miliardi di dollari) svuotate dalle continue forniture ai propri alleati in guerra.

Tale spostamento di spesa comporta – e non potrà che aggravare - l’espansione dei processi di privatizzazione a danno del salario indiretto (sanità, istruzione, ecc.) e, complessivamente, un ulteriore attacco ai diritti e alle condizioni di vita delle classi proletarie attraverso il drenaggio di risorse dal lavoro. Un attacco che, a livello europeo, si è peraltro appena rinnovato con l’approvazione dei nuovi vincoli ad aprire una nuova stagione di austerità che si tradurrà in ulteriori tagli draconiani per ridurre il debito pubblico.

Insomma, in prospettiva, la spesa sociale è destinata all’ennesima contrazione a danno del proletariato sia per le scelte politiche rigoriste di bilancio comunitarie, sia ove si accelerasse ulteriormente verso misure espansive con finalità di sostegno concreto al riarmo.

In un contesto, per ciò che concerne l’Italia, caratterizzato dall’endemica povertà salariale (Eurostat e OCSE segnalano che siamo il paese dell'Europa occidentale industrializzata con il più basso costo del lavoro e i salari più bassi), dall’inflazione e dal carovita (collegato anche all’aumento dei costi delle materie prime dovuto a speculazione, alla guerra combattuta in territorio ucraino, agli effetti negativi della pandemia sulle catene mondiali di approvvigionamento), dal mancato rinnovi dei contratti collettivi e alla conseguente erosione del potere d’acquisto dei salari (bloccati, secondo le analisi più recenti, da oltre vent’anni), dalla disoccupazione e dalla precarietà dei rapporti di lavoro.

Il governo Meloni è protagonista e perfetto interprete di tali dinamiche: servile al patto atlantico, ultraliberista in economia e subordinato agli interessi e ai profitti del capitale (in perfetta continuità con le politiche del precedente governo Draghi), autoritario alfiere del disciplinamento, della repressione e della irregimentazione dei rapporti sociali, razzista, retrogrado e regressivo sui diritti delle persone LGBTQ+ e delle donne. Da ultimo, l’autorizzazione all’accesso (infame e nascosto nei provvedimenti per il PNRR) dei movimenti pro-vita nei consultori per impedire il diritto delle donne a decidere sul proprio corpo e all'aborto.

  • Un governo già in guerra con la missione “Aspides” nel Mar Rosso a protezione degli interessi commerciali occidentali minacciati dalle legittime operazioni degli Houti a sostegno della Resistenza Palestinese e che invia contingenti di truppe in Polonia in prospettiva di un possibile intervento diretto NATO in territorio ucraino.

  • Un governo complice del criminale GENOCIDIO del popolo palestinese sia materialmente con la continua fornitura di tecnologia militare e armi all’IDF, sia politicamente con il sostegno acritico alle politiche coloniali dell’entità sionista in vista anche dello sfruttamento degli ampi bacini di gas naturale nelle profondità delle coste di Gaza.

  • Un governo che, al netto della propria propaganda, riduce, sino a farla quasi sparire, la spesa sanitaria pubblica per un modello che privilegerà i pochi che si potranno permettere lunghe attese o i costi delle strutture private.

  • Un governo fautore di politiche di forte limitazione alla libertà di movimento delle persone, che deporta o rinchiude nei CPR (che, in virtù degli accordi con il governo Rama, saranno dislocati anche in Albania) coloro che cercano un’alternativa di vita alle conseguenze di guerre, povertà e dall'impatto dei disastri naturali improvvisi o graduali dovuti al cambiamento climatico.

  • Un governo che reprime e criminalizza ogni forma di dissenso e di lotta di classe: dagli studenti e le studentesse a Roma, Torino, Pisa che sostengono la resistenza del popolo palestinese e chiedono la fine degli accordi criminali tra istituzioni accademiche italiane e la genocida entità sionista israeliana ovvero con le realtà sociali e sindacali napoletane (Mov. disoccupati 7 novembre e 167 Scampia, militanti del SI Cobas e del Laboratorio Politico Iskra), cui va la nostra solidarietà militante per la continua criminalizzazione, che quotidianamente lottano per il lavoro e condizioni di vita dignitose. Una solidarietà militante che intendiamo estendere ai compagni e alle compagne della ex GKN di Campi Bisenzio, la cui lotta per un’alternativa di produzione che tolga terreno materiale alla delocalizzazione e alla speculazione immobiliare ci indica un possibile modello compatibile con condizioni di produzione sostenibili.

  • Un attacco padronale al diritto di sciopero esplicitamente sostenuto dalla giustizia borghese che, nonostante il tentativo fallito della procura di Modena, continua a utilizzare il reato di estorsione per contestare la quotidiana dialettica sindacale e condannare compagni e compagne del sindacalismo conflittuale (SI Cobas) cui esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà.

Ma nello sviluppo ormai incontrollabile del capitale che marcia a passi svelti verso il baratro del conflitto mondiale con esiti oggi imprevedibili, la necessità di tirare il “freno di emergenza” è sempre più impellente e inderogabile per ogni realtà e soggettività coerentemente anticapitalista e antimperialista. 

La scelta tra il governo della guerra e del profitto e un’alternativa di sistema che superi lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla donna e sulla natura è quindi oggi il terreno sul quale dobbiamo misurarci.

Per una sinistra di classe che si muova sul terreno della ricomposizione e generalizzazione delle diverse lotte, per un confronto dal basso che costruisca un’opposizione di classe nella prospettiva di una nuova società di liberi e di uguali.

In occasione della giornata dell’internazionalismo proletario del primo maggio, la comunità e le associazioni palestinesi hanno deciso di aderire contribuendo all’organizzazione di uno spezzone della solidarietà e della resistenza nel corteo del sindacalismo di base con concentramento alle ore 14.30 in Porta Venezia.

Come compagni e compagne del C.S.A. Vittoria invitiamo tutti i solidali e le solidali con la Resistenza del popolo palestinese a partecipare in massa allo spezzone Palestinese.

 

Guerra alla guerra imperialista!

Il capitalismo non si riforma si abbatte!

Contro precarietà e sfruttamento di classe

GOVERNO MELONI GOVERNO DEI PADRONI!

 

Per il diritto all’Esistenza, alla Resistenza,

per il diritto al Ritorno dei profughi, per la libera Autodeterminazione del popolo Palestinese