L'ultima riunione plenaria della NATO tenutasi a Madrid questo fine giugno, rappresenta un ulteriore tragico balzo armato in avanti, sia per quanto riguarda la guerra combattuta in Ucraina, sia per la definizione di un futuro ormai acclarato di guerra permanente cui gli USA e il suo codazzo di alleati e umili servitori paiono tendere.
La situazione è gravissima dal punto di vista della sicurezza mondiale. La criminale tendenza all’estensione della guerra nelle sue diverse forme è ben rappresentata dalle dichiarazioni dei leader della NATO che, guardando oltre le ostilità con la Russia putiniana, individuano nella Cina la reale "sfida sistemica alla sicurezza euro-atlantica". Ciò che è stato tenuto sottotraccia sin dalla Presidenza Obama e cioè lo stillicidio di incursioni nella regione dell'Asia-Pacifico per bloccare l’avvento di una possibile egemonia cinese, è oggi l’obiettivo strategico ufficiale del patto atlantico.
Le plausibili conseguenze sono evidenti: il ricompattamento dei diversi fronti su cui agiscono i differenti blocchi mondiali e la possibile generalizzazione del conflitto anche combattuto sul terreno.
Completamente ininfluente è l’ONU che si rappresenta, ancora una volta, per quello che è sempre stato: il fatuo paravento e la copertura politica per la potenza imperialista USA. Nonostante, infatti, le sollecitazioni provenienti dalla Cina di un intervento urgente per svolgere il suo ruolo di risoluzione delle contraddizioni, le Nazioni Unite tacciono, inerti nella propria inadeguatezza di bloccare l'escalation.
Non bisogna avere incertezze di sorta: agli occhi di chi non fosse stato intossicato dalla narrazione di regime, che fa leva su un naturale coinvolgimento emotivo basato solo sulla tragica fotografia del presente, è ben chiaro come in gioco ci sia ben più di una guerra locale, pur sconvolgente per il suo carico di morti innocenti, ben più di una criminale invasione.
Ciò che viene posto globalmente in discussione sono il futuro e la ridefinizione degli assetti del pianeta prodotti dallo scontro tra blocchi e aggregati di potenze economiche che si contendono, con maggior virulenza, l’egemonia in quanto la torta della ricchezza e del profitto, prodotto dal modo di produzione capitalistico, è complessivamente diminuita. Anzi, un’analisi plastica della situazione ci porta a dire che proprio i venti di guerra che stanno investendo il pianeta, distruggendo popolazioni e devastando territori, siano utilizzati per celare quanto guerra e crisi del sistema produttivo capitalistico siano intimamente e indissolubilmente legati. E l’annebbiamento delle coscienze critiche, ricercato dalla narrazione tossica dominante, sostanzia e accredita il capitalismo, nelle sue diverse sfaccettature, come unico sistema economico e sociale possibile e senza alternative.
In questo criminale gioco di scacchi sulla pelle dei popoli, la continua provocazione ricercata per anni dalla NATO con il suo espansionismo a est e l'interessato silenzio dell'occidente sul conflitto in Donbass, ha creato oggettivamente le condizioni per una risposta della borghesia oligarchica russa che ha messo in campo una contromossa di guerra che peggiore e più tragica non avrebbe potuto essere, creando uno sconvolgimento degli assetti mondiali. Una guerra che si sta combattendo ipocritamente sulla pelle del popolo ucraino sotto i falsi stendardi degli "alti valori occidentali" contrapposti alla ferocia del nazionalismo russo in difesa, ci dicono, di una nazione che, dal punto di vista del tasso di democrazia sostanziale, è tranquillamente assimilabile alla Russia che viene invece additata all'odio popolare. Ed è quindi evidente come la verità sia stata seppellita da bombe e informazione tossica. Ciò sotto gli occhi interessati della Cina che, sottraendosi all’opzione della contrapposizione militare, conta di uscirne rafforzata per l'attrattività dei margini di crescita della sua potenza economica e la sua capacità di relazioni ed espansionismo economico.
Nella perversa logica della giungla imperialista, il capitalismo più forte ha maggiori chance di uscirne vincente e se, fino ad ora, avevamo assistito a guerre "locali" con centinaia di migliaia di morti tra la popolazione civile, che interessi geopolitici avevano scatenato in diverse parti del mondo, oggi ci troviamo di fronte al gravissimo pericolo di un'estensione del conflitto militare fino all'utilizzo dell'arma nucleare, da nessuno esclusa.
Il quadro generale che produce questa escalation è quello di una crisi economica di sistema accelerata dalla crisi pandemica assolutamente non terminata (anche se questo non viene sottolineato con la dovuta gravità, ponendo il profitto al di sopra della vita umana).
Una crisi economica, politica e sociale strutturale del modo di produzione capitalistico che ha quindi fame di nuovi mercati e di risorse per la propria valorizzazione, e che quindi sopravvive solo con l'accaparramento e la rapina, devastando ogni ambiente con conseguenze con le quali solo ora si comincia a fare i conti (pandemie, mutamenti climatici, ecc.).
La crisi di sistema è ora resa esponenziale dalla guerra, con un rapporto bidirezionale causa/effetto. Al netto della propaganda strumentale, la contraddizione reale è quindi quella di un confronto tra potenze che si battono per il predominio sui mercati mondiali, alleandosi volta per volta con paesi fino al giorno prima dichiarati dittatoriali e additati all'opinione pubblica come nemici da abbattere.
Ogni passo formale, ogni dichiarazione o atto di guerra, è strumentalmente finalizzato al rafforzamento della propria cordata imperialista. Non si spiegherebbe altrimenti i motivi per i quali l'amministrazione USA ha dapprima fomentato e difeso il tentato colpo di stato in Venezuela, per poi chiedere una “leale” collaborazione commerciale sul petrolio. Oppure i motivi del silenzio del mondo davanti alla svendita a Erdogan della vita di 72 militanti curdi e oppositori politici, per permettere l'ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO quando persino Henry Kissinger, uno degli uomini che più ha le mani imbrattate dal sangue di innocenti, comprendendo la posta in gioco, ora chieda alla NATO di fermarsi e avviare trattative prima che sia troppo tardi.
Vogliono arruolarci ideologicamente e militarmente in questa sporca guerra interimperialistica, vogliono che l’assumiamo come nostra, mentre invece la loro guerra si traduce per noi e il proletariato mondiale in una difficoltà esistenziale per la mancanza di lavoro, di salario e di prospettive di vita dignitosa.
In quanto, in questa navigazione a vista tra la guerra attuale e la prossima per la fame di profitto dell'imperialismo, il dato sostanziale che ricordiamo sempre è che non saremo mai tutti “sulla stessa barca” e che gli interessi e il futuro delle classi al potere non coincidono e non coincideranno con il futuro prossimo di miliardi di proletari in tutto il pianeta. A partire ad esempio dai milioni di profughi climatici (Bangladesh in primis), come dei milioni di lavoratori prossimamente espulsi dalla produzione in virtù della cosiddetta “svolta green”, ennesimo tentativo del capitalismo di sopravvivere e di avviare nuovi cicli espansivi.
In Italia, più che in altri paesi europei, siamo vissuti dal secondo dopo guerra per diversi decenni, in una forma acclarata di "sovranità limitata". Questo dato, ora sottaciuto, è stato sempre riconosciuto e anzi citato come condizione primaria per giustificare la scarsa incisività dai partiti della "sinistra istituzionale", oggi ormai estinti per la perdita della loro valenza "progressiva". Anche oggi che la borghesia italiana ha un proprio ruolo autonomo nello scontro intercapitalistico mondiale, l’appartenenza dell’Italia al patto atlantico non è in alcun modo in discussione. Sempre nel vertice spagnolo, infatti, Draghi ha esplicitamente dichiarato la volontà di accrescere il ruolo italiano nella NATO.
La storia d'Italia è la storia di un paese stretto nella morsa asfissiante del “benefattore USA" che si è comprato la fedeltà italiana con il successivo piano Marshall.
Dall'espulsione del PCI dal governo "unitario" post resistenziale alla fine '45, per la paura di riforme sociali che potessero mettere in discussione il profitto del nuovo capitalismo imprenditoriale e agrario italiano, dalla strage di Portella delle Ginestre del '47 organizzata dagli USA utilizzando una banda mafiosa per contrastare la speranza di emancipazione e la lotta di masse di contadini che occupavano le terre incolte contro il latifondismo mafioso, utilizzato dalla Democrazia Cristiana e dagli Usa per "combattere il comunismo alle porte". Alle dichiarazioni di Cossiga che raccontava con orgoglio e senza timore che, se le elezioni del '48 fossero state vinte dal fronte delle sinistre, i militanti della Democrazia Cristiana, con il contributo delle forze armate e della polizia (almeno il 70 % degli alti funzionari aveva mantenuto le proprie posizioni di prima della Liberazione), sarebbero usciti in armi dalle sedi per effettuare un colpo di stato con l'aiuto del grande fratello amerikano.
Per arrivare all’imprenditore di stato Mattei, assassinato perchè si era messo in testa di poter diminuire la dipendenza energetica dagli Usa e dalle sette sorelle del petrolio, trovando sull'italico suolo le risorse necessarie a sostenere il boom economico.
E poi le prime stragi di fine anni ’60, Stay Behind, Gladio, organizzazioni terroristiche direttamente gestite dai servizi segreti statunitensi, con basi in tutta Italia.
Il tentativo di colpo di stato nel 1970 voluto dagli USA che avevano probabilmente designato Andreotti come capo della nuova giunta militare che avrebbe dovuto spazzare via ogni residuo di opposizione democratica in Italia, con arresti e deportazioni. Un’ipotesi subito rientrata dopo le prime occupazioni militari, perchè fu preferita l'opzione di un colpo di stato "moderato" per ripristinare "ordine e sicurezza" senza bagni di sangue. Ciò sotto l'occhio vigile della VI° flotta statunitense di stanza nel Mediterraneo.
E poi Piazza Fontana, e le diverse stragi che si sono susseguite con depistaggi di servizi segreti (altro che deviati !!!) italiani e statunitensi che non hanno mai permesso di arrivare, dal punto di vista processuale, ai mandanti, ma che dal punto di vista storico e politico sono stati già condannati dal giudizio degli sfruttati.
Noi pensiamo che la storia sia come un libro, un libro pieno di pagine di sofferta vita reale di un’umanità che si evolve e lotta per migliorare il proprio destino quale unica forma tangibile di progresso, e non la narrazione voluta da chi ha sempre detenuto il potere, dai saloni da ballo del Re Sole alle stanze blindate dove sono riposte le valigette con il pulsante rosso che comanda l’arsenale nucleare, a Washington come a Mosca o Pechino.
In questo momento di crisi vorrebbero invece poter nascondere questo libro e la nostra memoria, presi come siamo dall’indossare la divisa sporca di sangue dell’ “occidente democratico” contro le dittature mondiali.
Come se questo fosse il loro scopo.
Come se fosse possibile cancellare con un colpo di spugna il ruolo interessato di gendarme/aguzzino degli USA con il suo portato di orrori, di desaparecidos e di vittime di guerre combattute o per procura in nome dell’anticomunismo (ma ora non hanno più neanche questa scusa) o per fermare le istanze anticolonialiste pur con tutte le loro contraddizioni (in Corea, Vietnam Cile, Nicaragua, Argentina, Paraguay, Uruguay, Brasile, Colombia, e poi Iraq, Siria, Afghanistan, Somalia, Jugoslavia, …). E ancora, in tempi più recenti, la guerra mossa all’amico e complice di una volta, il fondamentalismo islamico Alqaidista, prima alleato, finanziato e ben armato nella guerra contro la Russia che invadeva l’Afghanistan per il controllo geopolitico in quell’area, per vedersi poi puntare contro le stesse armi marchiate USA. Fino a fomentare e far deflagrare la guerra in Siria contro Assad, alleato della Russia, finanziando e preparando militarmente in Turchia un esercito di tagliagole fondamentalisti (Isis) che ancor oggi, dopo eccidi e massacri possono tranquillamente sopravvivere sotto la protezione del “nostro” alleato Erdogan (…ma tanto i profughi Curdi, Yazidi e Siriani non hanno la pelle bianca)
Ed oggi disposti a tutto contro chi non si allinea alla loro presunzione di egemonia, al loro “suprematismo” che non fa loro accettare un mondo diventato multipolare, ma probabilmente comunque destinato a essere terreno di scontro definitivo tra poteri di cui noi saremo le vittime.
Noi non possiamo dimenticare e non ci schieriamo in questa guerra tra criminali, l’un contro l’altro armato.
Come se il futuro delle classi subalterne non potesse dipendere dalla loro volontà di farsi protagoniste di una lotta per difendere i propri interessi e la sopravvivenza dell’intero pianeta. Come se non fossimo in grado di pensare ad un nuovo futuro, ad una nuova idea di società.
Perché è proprio questo il punto e l’elemento sostanziale e discriminante: comprendere che senza una trasformazione radicale del modello di società esistente, la guerra in ogni sua forma è e sarà un dato inevitabile, cha sia ai confini dell’Europa o in Sud America come sulle nevi del Polo o qualche isoletta del Pacifico per determinare chi comanda e per delimitare il potere di altri padroni del mondo.
E noi ne pagheremo i costi.
Per questo siamo contro la guerra imperialista dovunque e comunque la si combatta.
Per bloccare questo processo e questa tendenza alla guerra la prima riflessione da generalizzare è quella della necessità di una società e di un mondo diversi e che diventino elemento centrale i suoi contenuti di solidarietà e di uguaglianza sociale trasformandoli in aspirazione collettiva.
Inserendoli sempre in ogni forma di confronto, per creare legami di solidarietà e condivisione anche tattica su diversi livelli
Organizzare il conflitto a partire dai diversi bisogni e contraddizioni che il capitalismo pone al difuori di ogni livello di compatibilità politica con il potere economico, per superare frazioni e divisioni, per darci globalmente e collettivamente un traguardo più alto della singola battaglia sindacale vinta, della singola casa occupata, dei traguardi che gli studenti si pongono per il diritto allo studio e ad una cultura che significhi spirito critico e non dato nozionistico o assoggettamento valoriale, per la parità di genere e il superamento di ogni forma di razzismo, per abbattere definitivamente lo sfruttamento criminale della natura e la divisione in classi.
Basta guerra. Basta imperialismo. Ribaltiamo il sistema economico che produce guerra e miseria, devastazione ambientale e sfruttamento.
Csa Vittoria