Una fitta pioggia battente non ha fermato il fiume di lavoratori e lavoratrici, operai, facchini, realtà politiche e solidali che si è rappresentato con determinazione in un corteo tutto politico sabato a Roma.
Un importante momento di mobilitazione nazionale chiamato dal S.I. Cobas per tentare di allargare la proposta ormai ineludibile per la costruzione di un fronte di lotta anticapitalista. Realtà che, nei fatti, è già presente e radicata da anni davanti ai cancelli dei magazzini della logistica.
Una scommessa ambiziosa ma ancor più necessaria nell’attuale clima pre-elettorale, caratterizzato dal sostegno univoco della stampa di regime all’unica alternativa possibile per la borghesia: un governo di larghe intese che continui a perseguire gli interessi del capitale e delle istanze sovranazionali (giusto dell’altro giorno è il richiamo di Juncker), con un programma fatto di interventi militari e di smantellamento dei residui diritti e tutele. Un governo di “responsabilità” che, per i servili pennivendoli di regime, sia argine contro populismi ed “opposti estremismi”, in una ricostruzione che offre visibilità e megafono al peggior fascismo e nazismo ed esclusivamente alle seppur corrette azioni di contrasto.
Un esplicito favore a questi rifiuti della storia, ormai completamente sdoganati e capitanati dal nuovo corso sovranista dettato da Salvini, ma ancor oggi utili per permettere a un sistema in profonda crisi da sovrapproduzione e sovraccumulazione sia di rinserrare le fila e continuare l’opera di saccheggio, sia per creare fittizie divisioni tra il proletariato.
Divisioni razziste che scompaiono, come urlato dal corteo, nella quotidianità della lotta di classe, nella capacità di individuare il vero nemico, nel riconoscersi parte di nuovi rapporti di forza imposti al padronato e ai suoi sgherri.
Le parole d’ordine del corteo non sono state le solite enunciazioni di principio usualmente agitate nelle scadenze sempre più ritualizzate del sindacalismo di base, ma sono praticate giorno per giorno, cancello per cancello, da lavoratori consci della propria forza. La difesa contro le leggi anti-operaie, contro i licenziamenti politici e il jobs act, per i miglioramenti salariali e il riconoscimento delle proprie rappresentanze, sono vittorie materiali conquistate nel conflitto da lavoratori e lavoratrici ormai pienamente consapevoli che l’unità di classe è l’arma più forte da opporre al sistema del profitto e alla sua sempre più dispotica organizzazione.
Centralità del conflitto e unità di classe, queste infatti le basi indicate dal corteo su cui incardinare un processo ricompositivo reale da costruire sui territori di appartenenza allargando la visuale sulle tante contraddizioni che la stessa organizzazione capitalista del lavoro porta con sé. Una sfida che sappia coniugare lotta sindacale e piano politico più complessivo che si confronti così con il sistema del profitto e i suoi addentellati e non resti circoscritta alla sola opposizione con il lavoro. E che all’interno della contraddizione primaria riesca a coinvolgere altri settori della composizione di classe, rifiutando la logica della categoria ma estendendosi agli altri settori produttivi.
Una prospettiva di assoluta incompatibilità di classe, di netto rifiuto della delega a velleitarie ipotesi parlamenteristiche, con l’assoluta certezza che non vi sia bisogno di sponde istituzionali o di altre scorciatoie perdenti per sottrarre terreno al nemico di classe.
La partecipazione di realtà territoriali di lotta per il diritto alla casa, di collettivi della Sapienza e delle università napoletane, dei disoccupati napoletani, delle maestre tagliate dalla riforma Fedeli, di numerosi centri sociali e collettivi territoriali segnalano quale dato evidente la presa di coscienza anche di altre soggettività circa il portato di immaginario e di prospettiva segnato dal corteo di sabato.
La strada da percorrere è stata tracciata, anche con un piccolo ma significativo corteo di lavoratori e lavoratrici a stragrande maggioranza immigrati che ha portato una ventata positiva e di classe in un nero e invece totalizzante clima elettorale.
Ora tocca a noi tutti e tutte lavorare per dare respiro, ampiezza e concretezza a quelle parole d’ordine, generalizzando e rilanciando in avanti in termini più complessivi l’asticella del conflitto.
Csa Vittoria
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