Disumanità, arroganza, prepotenza, violenza contro i deboli sono i tratti ideologici e culturali del filo nero che unisce il ventennio al nuovo volto del fascismo al governo.

Inviato da redazione il Gio, 17/11/2022 - 08:40
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L'unico fascista buono è quello ........ che deve tornare nelle fogne dal quale proviene.

Non ci sono altre parole per commentare il balletto criminale compiuto sulla pelle di migliaia di migranti, uomini donne e bambini, nel loro drammatico viaggio della speranza per fuggire da guerre, fame e devastazione ambientale, da parte di un governo accozzaglia di tronfi fascisti rivestiti a festa seduti sugli scranni di governo di un sistema capitalistico che sta producendo un'accelerazione drammatica della sua stessa crisi.

Un governo di miserabili servi dei padroni che, alla faccia del "è finita la pacchia" è andato ridicolmente prono a Bruxelles con il "cappello in mano" (come loro rimproveravano ai governi precedenti) ad elemosinare l'accondiscendenza delle strutture sovranazionali, nel loro ruolo di massima espressione politica degli interessi del capitalismo europeo, che hanno invece percepito la puzza di fogna che i governanti italiani si portano addosso comunque provino a mascherarla.

Attenzione a non equivocare: stiamo parlando di contraddizioni del campo nemico. Da una parte c'è il nemico di classe tradizionale che interpreta i bisogni violenti di sopravvivenza di un modo di produzione in crisi cicliche sempre più strutturali, e dall'altra lo stesso nemico di classe interno con l'aggiunta del loro essere il nuovo volto del fascismo, con il conseguente portato di una subcultura suprematista, razzista, islamofoba, sessista e in generale oscurantista. Un governo che parla di sostituzione etnica e di una verifica discriminatoria sulla “compatibilità” dei migranti in arrivo con le radici giudaico-cristiane dell’Europa (… bianca). Un nuovo governo che, rispettoso delle regole del liberismo più sfrenato in economia, incomincia a mostrare il volto violento del gendarme repressivo contro dissenso e povertà, instillando nella società il germe malato del nazionalismo e facendola incamminare a passi spediti verso uno stato di polizia anche se non dichiarato.

Il decreto legge d'urgenza sulla..."emergenza rave" rappresenta evidentemente un provvedimento mirato, da una parte, ad essere pericoloso strumento di propaganda identitaria “legge e ordine”, una sorta di nero richiamo della foresta. Dall'altra, ed è questo l'elemento sostanziale, ad essere usato come arma repressiva per colpire formalmente quelle che il loro lessico nero definisce "devianze sociali” mentre più realisticamente si vuole colpire il dissenso politico e l’opposizione di classe. Questo è un segnale molto grave, e ancor di più se lo pensiamo inserito nell'esplicita tendenza al presidenzialismo e all'autoritarismo che li anima (e non solo loro...) oltre al fatto che, questo decreto, sancisce per legge la completa libertà interpretativa del giudice dissolvendo così la stessa funzione normativa di una legge.

Ed è questa, ad ora, la vera sintesi dell'operato politico di questo governo nuova sintesi tra fascismo ideologico e liberismo economico: decisionismo e decreti legge di bandiera repressivi e regressivi, un' assoluzione ideologica del campo novax, circolari scolastiche anticomuniste esemplari del clima che si incomincia a respirare e che vorrebbe impregnare il paese e dulcis in fundo un innalzamento del tetto al contante che blandisce l'evasione fiscale per far circolare un po’ di nero e cosi accontentare quella parte dell’elettorato una volta base sociale della Lega.E vogliamo sottolineare che sono solo pochi giorni che questa simile accozzaglia nera, spinta da un livore revanchista, ha preso posto sugli scranni del potere politico.

Un altro dato politico molto significativo del nuovo governo è l’annunciata lotta ai poveri (e non alla povertà). Dopo una campagna elettorale mirata alla criminalizzazione della miseria sbandierando l'azzeramento del già misero reddito di cittadinanza, l'ipocrita campagna sulla dignità del lavoro, come presunta alternativa all' assistenzialismo, persegue invece un obiettivo strategico per la sopravvivenza del modo di produzione capitalistico e il suo conseguente mercato del lavoro.

E’ il solito obiettivo di sempre ma oggi ancor più necessario per l’imprenditoria italiana nella speranza di sostenere la concorrenza internazionale: salari più bassi e un livellamento al ribasso del costo del lavoro per padroni.

Un disegno politico che possa indirizzare il lavoro e la vita per milioni di proletari e proletarie vero un futuro di aumento esponenziale della precarietà, del lavoro "povero" dell'ipersfruttamento, della ricattabilità assoluta per tenere controllato il dissenso e possibili insorgenze di classe e sociali.

Per una migliore e più immediata comprensione di questo disegno vogliamo ricordare come, nella storia dell’umanità, ci siano stati momenti che possono esemplificare plasticamente questi processi di asservimento. Una fotografia della situazione del XVI secolo, ad esempio, si potrebbe tranquillamente sovrapporre all’oggi con la tara delle ovvie differenze, quando Enrico VIII aveva emanato una circolare che condannava al carcere chi veniva sorpreso per strada senza lavoro o per accattonaggio; condanna che, al secondo fermo si tramutava in pena di morte. Queste sentenze arrivarono a 72000, come ricordano Karl Marx e Friedrich Engels nell'Ideologia tedesca, e l'obiettivo non era quello di "ripulire le campagne" ma uno strategico disegno per far affluire nei primi opifici londinesi una massa di disperati disposti a lavorare ad ogni costo e per salari da fame.

Con le ovvie differenze di fase storica crediamo che questo esempio ci sappia mostrare, forse più esplicitamente di ogni ragionamento complessivo, di quale dignità del lavoro parlino la banda Meloni Salvini & C nel segno di una continuità e rispetto della compatibilità economica capitalista con il precedente governo Draghi che abbiamo giudicato invece direttamente espressione del capitale produttivo e finanziario. Una continuità economica liberista tra i due governi con ruoli politici comunque diversi e con diverse influenze e imprinting sulla società.

Scriviamo questa riflessione analitica perchè anche all'interno della sinistra di classe ci sono compagni e organizzazioni per le quali ... alla fine, nella sostanza, non cambia nulla.  Certamente condividiamo l'assunto che i rapporti di classe rimarranno immutati e che il "sovranismo de noantri" non uscirà, come già dicevamo, dal quadro delle compatibilità politiche ed economiche: in sintesi le legnate davanti ai cancelli delle fabbriche e nelle università si prendevano prima con i capitalisti in doppiopetto e si prenderanno oggi con il sottofondo musicale di faccetta nera. Aggiungiamo e sosteniamo però che ci siano diversità di approccio ideologico e (sub)culturale e che queste siano evidenti già dai primi giorni e non crediamo sia cosa da sottovalutare, anzi!

Anche a questo proposito potremmo scomodare ancora Karl Marx, sempre in guerra dichiarata contro ogni meccanicismo "antidialettico", che affermava che la struttura determina la sovrastruttura ma di come anche questa incida sulla struttura. Ci scusiamo per il fatto che la citazione non sia letterale ma il senso ci sembra chiarissimo.

Le trasformazioni ideologiche e gli assetti culturali modificano la società in profondità, possono costruire consenso ideologico, culturale, valoriale, un “sentire comune” e diffuso a giustificazione di una trasformazione anche formale e non solo sostanziale, già in corso da anni, in uno stato borghese autoritario ben oltre la “democrazia autoritaria”.

Questo è stato possibile per la “tabula rasa” e l’ignoranza politica e non solo, auspicata, coltivata e determinata dal primo populismo Berlusconiano sul quale ha prima seminato e poi raccolto i frutti il qualunquismo protestatario dei 5 stelle, (oltre la sinistra e destra). Questo è stato possibile per il disinteresse e allontanamento dalla “politica” di pezzi importanti della classe e delle classi subalterne in generale; una “politica” vista come lontana dalle contraddizioni materiali e incapace di fornire soluzioni e strategie di cambiamento. Una “politica vista da destra come strumento per blandire le pulsioni peggiori della pancia del proletariato urbano e dalla ex-sinistra ormai appiattita sul governismo e votata alla difesa di diritti civili senza percepirne il nesso con quelli sociali. Questo è stato possibile per l’incapacità (anche nostra) di dare risposte alla perdita di identità e di ruolo della classe e dei ceti medi impoveriti da una crisi endemica e dai processi di globalizzazione dell’economia e a far sentire ogni avanzamento economico o sociale solo dal punto di vista del “guadagno” individuale e non frutto di un processo e di un’acquisizione collettiva.

Queste ultime righe sulle cause dell’avanzamento della destra fascista sono però ormai parte della diffusa e quasi qualunquistica narrazione quotidiana, mentre invece ci interessa sottolineare come questo sia stato possibile nell’assenza evidente, quasi una desertificazione, di "anticorpi antifascisti" dal punto di vista etico e valoriale nello stesso corpo della classe e nella società in generale per responsabilità evidente della stessa cosiddetta ex-sinistra di governo. Un’area politica che arriva dal PCI e che ha ormai da tempo percorso e concluso il processo di trasformazione da una social democrazia gradualista e riformista, da Togliatti a Belinguer, in una liberal democrazia centrista apologeta del liberismo capitalista facendo proprio il concetto cardine della massimizzazione della produzione, dei profitti e dei consumi in contrapposizione oggettiva alla qualità della vita dell’uomo e del pianeta

L’espandersi della crisi economica complessiva fino ad una probabile recessione prevista da FMI nel 2023, la guerra in corso, l’acuirsi dello scontro interimperialista e intercapitalista per il controllo e l‘egemonia geo politica sullo scacchiere mondiale e per garantirsi lo spazio di manovra necessario per le proprie merci, l’aumento speculativo del costo dell’energia e la caduta verticale del valore d’acquisto per i salari, rappresentano certamente il quadro di contesto.

Nell’incontro e nel condizionarsi dialettico e dinamico di queste contraddizioni complessive si sono già oggi create le condizioni sia per un rafforzamento del dominio di classe in una prospettiva più organicamente reazionaria, come anche quelle per la trasformazione della coscienza di classe da un livello oggettivo di rivendicazioni meramente economiche (classe in sé) all’assunzione soggettiva di un ruolo storico di trasformazione della società (classe per sé).

Ben lontani da ogni determinismo e meccanicismo di sorta, siamo tutti ben consapevoli che questa trasformazione dipende e dipenderà anche da quanto e da come sapremo incidere sulla realtà e dalla qualità e dalla valenza oltre che dalla quantità delle lotte che sapremo costruire insieme contro lo sfruttamento di classe e la drammatica caduta libera nella povertà per milioni di proletari e proletarie.

L' analisi della mutata realtà e la sua denuncia rimarranno però solo tali se non ci sarà un salto di qualità nell'approccio alla prassi nella sua accezione materialista di insieme di teoria e pratica.

Il nostro obiettivo, il punto di focalizzazione di quanto espresso molto sinteticamente in queste righe, non è quindi un generico e privo di senso appello formale all'unità antifascista senza contenuti.

 Al contrario, a partire da quanto è stato con umiltà ma determinazione messo in moto a livello nazionale con i cortei di Bologna il 22 ottobre e il 5 novembre a Napoli, è quello di invitare tutte e tutti, ogni struttura politica, ogni sindacato conflittuale, ogni realtà di resistenza sociale o ambientale a fare propria, valorizzare e praticare una necessaria e indispensabile convergenza per l’unificazione delle lotte e la ricomposizione di classe.

Un processo collettivo per incrementare esponenzialmente la nostra presenza politica, la nostra capacità di costruire iniziative politiche in maniera costante sulle contraddizioni che il capitalismo ci pone sul terreno del lavoro, della precarietà, nelle università, nelle scuole, sulle cause della devastazione ambientale, sulla prevaricazione e discriminazione di genere, sul razzismo e contro l’oscurantismo omofobo e patriarcale di questo nuovo governo. A questo dobbiamo opporre e valorizzare i nostri valori di solidarietà di classe internazionalista, per una strategia di ribaltamento rivoluzionario degli attuali rapporti di produzione che generano guerra, miseria e sfruttamento.

L’ immaginario di una società diversa e antagonista all’attuale da far vivere in ogni lotta per dare una prospettiva di lungo respiro e rappresentare un’alternativa complessiva di sistema alla disumanità del presente.

Per l’unità e la ricomposizione della classe.

Per una nuova società di liberi e di uguali senza più classi, padroni e sfruttamento, che sappia mettere al centro l’uomo e i suoi bisogni reali e non il profitto per pochi.